(Arpino, 1684 - Napoli, post 1745)

         Elisabetta Cristina di Brunswick-WolfenbuttelNegli anni 1720-1722, un proficuo legame artistico, unì Domenico Gizzi e la famosa cantante lirica Marianna Benti Bulgarelli, detta la Romanina (Roma 1684 c.-ivi 1734).

         Il Musico, infatti, fu un assiduo frequentatore del salotto musicale e letterario dell’ispiratrice ed interprete favorita delle prime opere composte a Napoli dall’abate Pietro Metastasio, che proprio nella Città partenopea muoveva i suoi passi di autore di drammi per musica.

          Nell’estate del 1720, al giovanissimo Pietro Metastasio venne affidato l’incarico di comporre i versi di una Cantata, per i festeggiamenti del compleanno dell’Imperatrice d’Austria Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel, moglie di Carlo VI, che il musicista napoletano Nicola Antonio Porpora avrebbe posto in musica.

Il committente, Antonio Carmine Caracciolo, Principe della Torella (1692-1740) apparteneva ad una Famiglia fra le più prestigiose della nobiltà partenopea e, come il padre Giuseppe, era particolarmente interessato alle attività musicali, considerate un mezzo privilegiato per accrescere il prestigio personale e per favorire la carriera politica nell’ambiente della Corte Vicereale di Napoli (1).

 Nacque così la Serenata L’Angelica, che riveste un posto significativo nella Storia della Musica, in quanto segnò l’esordio di Pietro Metastasio come autore di libretti per musica e, nello stesso tempo, il debutto, nel ruolo del giovane pastorello Tirsi, del quindicenne Carlo Broschi, poi soprannominato Farinelli, allievo del Porpora, che divenne, ben presto, uno dei maggiori astri musicali del secolo.

Il Libretto originale della Serenata, recentemente rinvenuto a Napoli, reca l’elenco a stampa dei personaggi ed interpreti: nei ruoli principali di Angelica e Medoro, cantarono Marianna Benti Bulgarelli e Domenico Gizzi, mentre nel ruolo di Orlando si cimentò il famoso contraltista Francesco Vitale. I due ruoli minori vennero affidati alla celebre coppia di buffi, Gioacchino Corrado e Santa Marchesini. Nel ruolo di Tirsi, pastorello, cantò il già citato Carlo Broschi.

Tratta dal celeberrimo episodio di Angelica e Medoro dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e messa in scena con grande sfarzo, la Serenata si adeguava ai migliori modelli delle Cantate celebrative, come un tipico esempio di spettacolo di corte, in gran voga nel periodo tardo-barocco. Quali manifestazioni artistiche proprie delle tradizioni encomiastiche ed allegoriche, le Azioni per Musica o Serenate venivano richieste per celebrare, nell’ambito della più eletta aristocrazia, eventi e ricorrenze di personalità di altissimo rango, imperiale ed istituzionale.

Questo componimento per musica conserva intatto quel fascino arcadico che costituì, fin dagli esordi, una delle maggiori fortune della drammaturgia metastasiana. Fra i momenti migliori dell’opera si pone, certamente, il duetto conclusivo della Prima Parte, affidato alla Romanina e a Domenico Gizzi, dove l’armonia del verso e la finezza espressiva sono evocatrici di un afflato lirico, destinato a fondersi pienamente con le note del Porpora, in un’autentica “favola musicale”, pervasa di una luce incantevole e preziosa:  

Angelica   Se infida tu mi chiami, Marianna Benti Bulgarelli

                                            Se temi del mio amor,

                                            Offendi un fido cor,

                                            Ingrato sei.

        Medoro

                                    Se tu crudel non m’ami,

                                            Se meco fingi amor,

                                            Tradisci un fido cor,

                                            Ingrata sei.

 

Angelica e Medoro a due   

                                    Sprezzami pur, se vuoi,

                                             Amante ognor sarò.

                                             E a te serbar saprò

                                             Gli affetti miei.

                                            Se &c." (2).

           Fra le arie affidate a Domenico Gizzi, si segnala, in particolare, l’aria “notturna” alla Luna, con violoncello solista, “Bella Diva”, definita dal Prof. Gaetano Pitarresi, curatore dell’edizione moderna della partitura, "di grande respiro ed espansione lirica" (3):

      Medoro

Bella Diva all’ombre amica

       Scorgi almen con puro ciglio

       Nel periglio

       Il nostro amor.

Nuda splendi, e chiara in Cielo,

     Come allor, che senza velo

     Fosti in braccio al tuo Pastor.

Bella &c." (4).

           L’Angelica venne eseguita con grande successo il 4 settembre 1720 a Napoli, nel Palazzo del Principe della Torella, Antonio Carmine Caracciolo e replicata la sera del 7 dello stesso mese.  

La “Gazzetta di Napoli” del 10 settembre 1720, offre una descrizione fedele delle circostanze dell’esecuzione di questa importante Serenata, che costituì un evento di primissimo piano per il mondo musicale della Città e per l’aristocrazia filoaustriaca:

        "Mercoledì della trascorsa [4 settembre 1720] il principe della Torella,[...] per celebrare il dì natale della nostra augustissima Imperatrice, fece nella sua loggia, magnificamente ornata a guisa di un teatro che fusse nel mezzo di ben culto e vago giardino, recitare da’ primi virtuosi che siano in questa capitale una eccellente serenata a sei voci, intitolata Angelica e Medoro, dedicata al signor conte di Zizendorff, ospite del suddetto principe. Ella riuscì per tutte le circostanze dilettevole e grata al primo fiore di questa nobiltà che v’intervenne: e dapoi che fu con molto applauso finita, entrarono le dame e i cavalieri nell’appartamento, ove in lungo ordine di stanze [...] erano de’ tavolini da giuoco, per quelli che amassero un tal divertimento Nicola Porpora [...]. Di là si passò poi nella gran sala meravigliosa illuminata e riccamente apparata per il divertimento del ballo, sino alle nove ore dell’orologio italiano [...]. Per compimento di generosità fu poi la medesima serenata replicata sabato [7 settembre 1720] a sera, per farla godere a’ regi ministri togati ed agli avvocati di questi tribunali, e riuscì con lo stesso applauso" (5).  

          La partitura autografa di Nicola Porpora conservata a Londra, nella British Library, reca l’indicazione del nome degli interpreti, Marianna Benti Bulgarelli (come “Romanina”), Santa Marchesini (“Marchesina”), Gizzi e Farinelli (“Brosco”), citati nella “Licenza”, in cui Metastasio aveva introdotto il tema encomiastico, in lode ed augurio per l’Imperatrice d’Austria (6).

Metastasio conservò per tutta la vita il ricordo nostalgico di questo suo esordio poetico nelle feste teatrali napoletane. In un sonetto dedicato molti anni dopo a Carlo Broschi, il poeta attribuiva all’ormai celebre Farinelli "l’affettuoso nome di gemello", in quanto "entrambi, per dir così, nati insieme alla luce del pubblico; poiché l’uno fu udito con ammirazione la prima volta in Napoli, cantando nell’Angelica e Medoro, primo componimento uscito dalla penna dell’altro":

          "E che appreser gemelli a sciorre il volo

          La tua voce in Parnaso e il mio pensiero" (7).

      Due anni dopo, Domenico Gizzi cantò al fianco di Marianna Benti Bulgarelli, detta la Romanina nella priDiego Pignatelli d’Aragonama esecuzione della Serenata La Galatea, con versi del Metastasio e musica del Maestro di Cappella Giuseppe Conte (8), eseguita in occasione del Battesimo delle due figliole dei Marchesi Don Diego e Donna Margherita Pignatelli del Vaglio (9).

Diego Pignatelli d’Aragona (1687-1750), figlio primogenito di Don Niccolò Pignatelli, Principe del Sacro Romano Impero, Viceré di Sicilia e Duca di Terranova e Monteleone, apparteneva alla più eletta aristocrazia partenopea. Sua moglie, Margherita Pignatelli, era sorella del Principe di Belmonte, Antonio Pignatelli e della Contessa d’Althann, Marianna Pignatelli, Dama di Corte a Vienna dell’Imperatrice Elisabetta Cristina, a sua volta moglie di Michael Johann d’Althann, Consigliere Privato di Carlo VI e cognata del Cardinale Michele Federico d’Althann, Viceré di Napoli.

           La cerimonia si rivelò uno dei maggiori avvenimenti pubblici dell’anno, richiamando l’interesse di tutta la nobiltà partenopea, poiché i marchesi Pignatelli avevano ottenuto un segno di chiaro favore e di grande distinzione da parte dell’Imperatore d’Austria, Carlo VI d’Asburgo e di sua moglie, l’Imperatrice Elisabetta Cristina di Brunswick,  che si degnarono di comparire quali padrini delle due bambine.

Nel battesimo, impartito da Mons. Fabrizio Pignatelli, Vescovo di Lecce, l’Imperatore era rappresentato ufficialmente dal Viceré Cardinale Michele Federico d’Althann e l’Imperatrice dalla Principessa Artemisia Maria Luisa Borgia, moglie di Don Filippo Spinelli, Principe di Cariati.

         La Serenata venne eseguita con grande successo, la sera di domenica 26 luglio 1722, nel Palazzo del Duca Pignatelli di Monteleone, al culmine di grandiosi festeggiamenti (10).

         In questa Azione per musica, il poeta affida a Domenico Gizzi uno dei due ruoli principali, quello di Acide, amante di Galatea, interpretato, a sua volta, da Marianna Benti Bulgarelli.

Il Trionfo di Galatea - Luca Giordano 

Il nostro virtuoso, quindi, fu il primo interprete di alcune arie del testo poetico che divennero celebri, per l’intima musicalità del verso, l’invenzione deliziosa e raffinata e la grazia inimitabile nella raffigurazione del tema amoroso.

         La scelta stilistica di una veste ufficiale e aulica, prestava spazio ai toni celebrativi, con cui il cantante interpretava le intime aspirazioni di una intera civiltà artistica, avviata, ormai, verso l’apogeo di una aurea dimensione estetica, che sarà testimoniata dalle opere viennesi del Metastasio.

         Nella prima parte della Serenata, Acide canta alcune Arie di pregevolissima fattura, bei momenti lirici espressi con toni dolci, sinceri e pacati:

  "Chi sente intorno al core                                      Alla stagion novella,

         L’orrore, e lo spavento,                                                   Fin dall’opposto lido,

         Non dia le vele al vento,                                     Torna la rondinella,

         Non fidi il legno al mar.                                       A riveder quel nido,

   Dà la mercede Amore                                             Che il verno abbandonò.

         A chi sue leggi adora,                                       Così ’l mio cor fedele

         Ma vuol, che l’alma ancora                                         Nel suo penar costante

         Impari a sospirar.                                                  Ritorna al bel sembiante,

                   Chi &c.                                                     Che per timor lasciò.

                                                                                                  Alla &c." (11).

        La prima parte della Serenata si conclude con un delizioso duetto, in cui Galatea ed Acide si giurano fedeltà ed amore eterno. 

I versi di carezzevole musicalità, sono nella classica concezione del genere sentimentale e pastorale, che in Metastasio assumono, però, un carattere del tutto nuovo, in cui l’innocenza arcadica e la levità della passione amorosa si fondono poeticamente con immagini metaforiche di suprema eleganza.

E’ facile immaginare, come la felicità di questi versi, incantevoli gioielli di semplicità e bellezza estatica, sia stata posta bene in luce e valorizzata dalle qualità artistiche dei due grandi interpreti:

                        "Galatea:   Ah mio tesoro,

                                 Sol per te,

                          Aci:   Per te sola,

                          Galatea:  Io vivo,

                          Aci:   Io moro.

 

                          Galatea:    Se vedrai, co’ primi albori,

                                             D’occidente uscir l’aurora;

                                             Dimmi allora:

                                             Galatea non sei fedel.

                              Aci:         Se, del verno infra gli orrori,

                                             Le sue cime il monte infiora;

                                             Dimmi allora:

                                             Aci mio non sei fedel.

                           Galatea:   Quando manca il foco mio,

                           Aci:           Quando infido a te son io,

                           Galatea:    Fia di stelle adorno il prato,

                           Aci:             Fia di fiori ornato il ciel.

                                                                                                   Se &c." (12).

 Nella seconda parte della Serenata, a Domenico Gizzi sono affidate due arie di elegante armonia:

 "Vicino a quel ciglio                                      Quel languidetto giglio,

          Son lieto, e contento,                                      Che il vomere calcò,

          L’affanno, il periglio,                                    Dal suolo alzar non può

          L’istesso tormento                                        L’oppresse foglie.

          M’è dolce con te.                                    Ma se lo bagna il cielo,

     Se scorta mi sono                                              Col matutino umor,

          Quegli astri lucenti,                                      Solleva il curvo stelo,

          I venti,                                                      E del natìo candor

          Le stelle                                                    Tinge le spoglie.

          Turbarsi non sanno,                                            Quel &c.." (13)

          E l’onde non ànno

          Procelle

          Per me. Antonia Margherita Merighi

                   Vicino &c.

           Nella Serenata, al fianco di Domenico Gizzi e della Romanina, nel ruolo di Glauce, cantò un’altra prima donna di assoluto rilievo, il soprano Antonia Margherita Merighi, conosciuta ed ammirata come una delle grandi voci italiane del diciottesimo secolo, interprete a Londra delle opere di Haendel e dei maestri Riccardo Broschi, Giovanni Battista Pescetti, Francesco Veracini, Egidio Romualdo Duni e Johann Adolf Hasse. Gli altri due interpreti furono il famoso basso Don Antonio Manna e Giovanna Ronzani.

 

 1) NICOLA PORPORA, L’ANGELICA, Serenata a sei voci e strumenti su testo di Pietro Metastasio, a cura di Gaetano Pitarresi, Alfieri & Ranieri Publishing, Palermo 2002, pagg. VII-VIII.

 2) L’ANGELICA/Serenata/Da cantarsi in occasione del gior-/no natalizio/ D’ELISABETTA/ AUGUSTA/Imperatrice Regnante/In Casa del Signor/Principe della Torella/ Dedicata/All’Eccellentiss. Sig. Conte/ GIOVANNI GUGLIELMO/ Di Sinzendorf/Sforza Visconti/Marchese di Caravaggio, del S.R.I. Tesoriero Ereditario &c., pag. 14. Il libretto senza data, manca dell’indicazione del tipografo (probabilmente Felice Mosca).

 3) NICOLA PORPORA, L’ANGELICA … a cura di Gaetano Pitarresi, pag. XII.

 4) L’ANGELICA/Serenata/ cit., pagg. 28-29.

 5) NICOLA PORPORA, L’ANGELICA … a cura di Gaetano Pitarresi, pag. VII. L’esecuzione della Serenata venne differita al 4 settembre, poiché fino a domenica 1 settembre, il Palazzo Reale di Napoli era stato teatro di grandiosi festeggiamenti organizzati dal Viceré Cardinale di Schrattembach, per l’anniversario della nascita dell’Imperatrice Elisabetta Cristina.

 6) Partitura autografa di Nicola Antonio Porpora, Londra, British Library, segnatura Add. Ms. 14.120. Una copia della partitura, in due volumi e datata anch’essa 1720, è conservata nella Biblioteca Nazionale di Vienna. Anche nella copia viennese il nome di Gizzi è citato nella Licenza.

 7) Tutte le opere di PIETRO METASTASIO, a cura di Bruno Brunelli, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1943, Vol. II, pag. 949. La composizione del sonetto risale al periodo 1750-55.

 8) Il compositore Giuseppe Conte (Don Gioseffo Comito), Maestro di Cappella della Principessa Giovanna Aragona Pignatelli Cortes, Duchessa di Monteleone, dal 1717 fu Maestro di Cappella della Chiesa officiata dai Padri Filippini, per la quale scrisse numerosi Oratori Sacri.

 9) CLAUDIO SARTORI, I Libretti italiani a stampa dalle origini al 1800,  Catalogo analitico con 16 indici, opera realizzata con il Patrocinio del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, Bertola & Locatelli Editori, 1990, Volume III, pag. 253. Opere del Signor Abate PIETRO METASTASIO Poeta Cesareo, Tomo XIII, Venezia MDCCLXXXII, Presso Antonio Zatta.

 10) AUSILIA MAGAUDDA, Giacomo Francesco Milano, principe d’Ardore, nell’ambito della committenza musicale aristocratica del sec. XVIII, in Giacomo Francesco Milano ed il ruolo dell’aristocrazia nel patrocinio delle attività musicali del secolo XVIII, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Polistena – San Giorgio Morgeto, 12-14 ottobre 1999), a cura di Gaetano Pitarresi, Reggio Calabria, Laruffa 2001, pagg. 32-34.

 11) LA GALATEA, Serenata da cantarsi in occasione che gli Augustissimi Regnanti terranno al Sacro Fonte due figliuole degli Eccellentissimi Signori D. Diego Pignatelli e D. Margherita Pignatelli, Marchesi del Vaglio, In Napoli, Nella Stamperia di Felice Mosca, M.DCC.XXII, pagg. 4 e 14.

 12) Ibidem, pagg. 15-16.

 13) Ibidem, pagg. 18 e 29.

 

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A cura di

Il Principe del Cembalo - Rodelinda da Versailles

Arsace da Versailles - Faustina da Versailles

Arbace - Alessandro - Andrea & Carla

Un enorme grazie a

Avvocato Stefano Gizzi

Nei restauri, ancora in corso, con Stefano Gizzi, hanno collaborato e si ringraziano:

1) il Maestro Ebanista COLOMBO VERRELLI, che ha restaurato le porte, ne ha realizzato di nuove sempre secondo lo stile dell'epoca, ha restaurato alcuni mobili fra cui lo scrittoio del Musico Domenico Gizzi ridotto in cattivo stato.

Scrittoio originale di Domenico Gizzi - restaurato dal maestro Maestro Ebanista COLOMBO VERRELLI

2) il Maestro FRANCESCO BARTOLI, pittore e decoratore, per la scelta dei colori, la definizione degli stessi con le tonalità assolutamente dell'epoca e l'arredamento delle sale con materiali, carte e stucchi, rigorosamente d'epoca.

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