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      (Arpino, 1684 -
      Napoli, post 1745) 
    
     
    
     
    
     
      
           
    QUI i nuovi avanzamenti per il ripristino della 
	Casa Palaziata 
		
		
		Nel
    corso degli anni della sua prestigiosa carriera musicale, Domenico rafforzò
    i legami, non solo affettivi, con Ceccano, 
    la cittadina di origine della sua Famiglia, in cui si erano
    trasferiti, da tempo, i genitori ed i suoi fratelli.
     
      
     
            
    Proprio a Ceccano, Domenico volle lasciare  un segno tangibile
    dell’alto grado sociale raggiunto e della ricchezza accumulata, innalzando
    un imponente palazzo, dalle proporzioni eleganti e raffinate, in  Via Madonna
    degli Angeli, in parte sull’area ricavata dalla demolizione
    dell’abitazione del padre Igino.
    
     
            
    Con ogni probabilità, Domenico aveva in mente di stabilirsi
    definitivamente a Ceccano, al termine della sua carriera, per concludere i
    suoi giorni circondato dall’affetto dei familiari ed in particolar modo
    del fratello Pietrangelo, al quale era molto legato.
    
     
            
    La costruzione dell’edificio,  ultimata nel febbraio 1736, costò a
    Domenico la somma di ben 2.132 scudi romani e 95 baiocchi (1).
     
     
            
    L’elegante facciata del palazzo con ampio cornicione in stucco e
    finestre in pietra di peperino rosso, mostra un pregevole e raffinato
    portale in pietra viva, sul quale è scolpito lo stemma del musico, che
    ancora oggi si può ammirare in tutta la sua severa bellezza (2).
     
     
    
     
            
    All’interno del palazzo è ancora visibile lo scalone monumentale
    con volte, colonne, cornici e ovali in stucco, che richiamano direttamente
    le abitazioni patrizie napoletane della prima metà del XVIII secolo.
    
     
     
            
    Preziose indicazioni sulla disposizione delle sale e sul lussuoso
    arredamento sono fornite, circa mezzo secolo dopo la morte di Domenico,
    dall’"Inventarium Bonorum Bo: me: Josephi Gizzi",
    pronipote ed erede del Musico, rogato dal Notaio Magno Colantoni di Ceccano
    con atto dell’11 marzo 1807 (3).
    
     
            
    Alcune sale del palazzo erano arredate in modo davvero splendido e
    fastoso, con le pareti tappezzate di damasco rosso con cornici di legno
    dorate, seta verde con fiorami e setino rosso.
     
     
     
     
            
    Gli arredi ed il mobilio denotavano un gusto squisito ed una
    particolare sensibilità del musico per l’arte pittorica, poiché nelle
    sale si conservavano non meno di centoquattordici quadri d’autore, con
    cornici in foglia d’oro o nere filettate d’oro, di diversa grandezza,
    fattura e qualità, un vero patrimonio artistico acquisito durante mezzo
    secolo di vita musicale, quasi  “un museo privato”!
    
    
     
     
            
    Una collocazione d’onore era riservata al ritratto di Domenico
    Gizzi, certamente commissionato a Napoli dal maestro stesso, con cornice
    filettata in oro, che lo ritraeva con la parrucca, il volto paffuto, un
    prezioso anello nel mignolo della mano destra ed uno spartito musicale
    tenuto nella mano sinistra (4).
    
     
            
    Questa preziosissima testimonianza iconografica del musico venne
    conservato nel Palazzo fino agli inizi del XX secolo, quando, purtroppo, il
    dipinto fu tolto dalla cornice, arrotolato e poi disperso insieme ad altri
    oggetti (5).
     
     
     
     
            
    Fra gli altri dipinti, si segnalavano numerosi quadri di soggetto
    religioso, come il Santissimo Crocifisso, la Vergine con il Bambino Gesù
    fra le braccia, Sant’Anna e Sacra Famiglia, Santa Cecilia patrona della
    musica, un Presepe in finissimo ricamo napoletano, tre altri quadri in
    ricamo e decine di dipinti raffiguranti vedute, “campagne”, vasi
    con fiori, putti e le stagioni dell’anno, insieme alla statua di San
    Sebastiano e ad una scultura raffigurante Gesù nel Sepolcro.
    
     
            
    Fatte le debite proporzioni, le considerazioni sul patrimonio del
    musico evidenziano una profonda similitudine con le vicende occorse alle
    ricchezze accumulate da Farinello.
    
     
            
    Infatti, anche il leggendario cantante volle costruire, nella Città
    di Bologna, una splendida villa chiamata “il Farinello”, (dove
    egli si spense il 16 settembre 1782), in cui si poteva "ammirare
    un numero impressionante di opere di grandi maestri" (6), oltre
    330 dipinti, stampe ed incisioni.
    
     
            
    Un singolare destino,
    purtroppo, ha accomunato le due raccolte artistiche, all’epoca considerate
    una testimonianza ammirevole delle alte doti intellettuali e culturali dei
    castrati e della prestigiosa condizione conseguita nella società
    settecentesca, poiché entrambe le collezioni risultano completamente
    disperse. A ogni modo, una miglior sorte è stata riservata all’abitazione
    di Domenico Gizzi, ancor oggi visibile, mentre della grandiosa villa
    bolognese di Farinello, abbattuta completamente nel 1949, resta solo il
    ricordo ed alcune immagini fotografiche che ne attestano l’incantevole
    bellezza. 
      
     
    Sulla
    permanenza di Domenico Gizzi a Ceccano abbiamo alcuni documenti molto
    importanti: due atti rogati dal Notaio Tommaso Bucciarelli, nel mese di
    giugno 1741, che testimoniano il soggiorno del musico nel suo palazzo di Via
    Madonna degli Angeli.
    
     
    Probabilmente,
    questa fu l’ultima occasione in cui Domenico poté riabbracciare sua
    madre, Agata di Iorio, da molti anni residente a Ceccano, morta poi alla
    veneranda età di 91 anni, il 20 marzo 1745 e sepolta nella Chiesetta della
    Madonna degli Angeli, contigua al Palazzo Gizzi. 
       
            
    Il 21 giugno di quell’anno, il musico effettuò l’acquisto di un
    appezzamento di terreno per la somma di 40 scudi (7), mentre il 27 dello
    stesso mese, due giorni prima di fare rientro a Napoli, egli stipulò un
    contratto con cui si impegnava ad ospitare nella sua abitazione di Napoli un
    giovane di Ceccano, allo scopo di impartirgli lezioni di musica.
    
     
            
    L’accurata descrizione delle clausole contenute nell’atto rende
    del massimo interesse questo documento. Da un lato Domenico si impegnava a
    perfezionare l’educazione musicale del giovane, ospitandolo e nutrendolo
    per quattro anni. Dall’altro, il giovane  Luzio Marella avrebbe profittato
    delle lezioni private di un maestro di musica fuori del comune, beneficiando
    degli insegnamenti del suo concittadino, alle condizioni, però, di una
    ferrea disciplina, che attribuiva al maestro stesso i guadagni conseguiti
    dal discepolo negli anni di questo perfezionamento.
     
     
     
     
     
                     
    "Accommodatio Persone
    
    
     
            
     Die
    Vigesima Septima Junii 1741- Ind.e 4° Pont.us SS.mi D. N.ri PP. Bened.i XIV
    - Anno                       
    1°.            
    
    
    
     
    P.nte,
    e personalmente cos.to l’Ill.mo Sig.re D. Dom.co Gizzi figl: della bo:me:
    di Ginio da Ceccano D.si di Ferentino da me Not.o benissimo conosciuto di
    sua spontanea volontà, et in ogn’altro meglior modo, per far cosa grata
    solamente alli Sig.ri Ludovico, e Luzio fratelli carnali Marella, promette,
    e solennamente s’obbliga pigliare in sua propria Casa in Napoli d.o Sig.r
    Luzio Marella, acciò il medesimo Sig.r Luzio possa perfezionarsi nella
    Professione di Musica, et ivi dare à d.o Marella la Scuola di Musica;
    conforme s’obliga d.o Sig.r Dom.co darcela con ogni carità, et attentione,
    come anche d.o Sig.r Dom.co Gizzi promette mantenere d.o Luzio di vitto per
    anni quattro continui, da principiare subito, che d.o Luzio sarà uscito
    fuori dal Conservatorio della Pietà di Napoli nel quale al presente è
    obbligato stare ...       
    Vice
    versae, et correspective p.nte e personalmente cos.to il sud.o Sig.r Luzio
    Marella figliolo del qm Saverio parimente da Ceccano da me No.ro parimente
    conosciuto, quale minore di anni venticinque ... di Sua Spontanea volontà,
    et in ogn’altro miglior modo, promette e si obbliga di stare in Casa di
    d.o Sig.r Dom.co Gizzi in Napoli per anni quattro continui, e che debba
    stare à tutta l’ubidienza di d.o Sig.r Dom.co, senza mai replicare al
    mede.mo, come pure non uscire mai da casa durante d.o. tempo di quattro anni
    senza licenza di d.o Sig.r Dom.co et ancora d.o Marella promette, e si
    obliga non pretendere cosa alcuna da d.o Sig.r Dom.co Gizzi durante detto
    tempo di quattro anni di ciò che d.o Luzio potesse mai guadammiare, il che
    tutto si intenda di d.o Sig.r Dom.co Gizzi, perché così è e non
    altrimenti, e acciò che d.o Sig.r Dom.co Gizzi ritenga d.o Luzio per detti
    quattro anni in Sua casa in Napoli, ora manualmente, et inconti.e d.o Sig.r
    Dom.co hà, e riceve dalli suddetti Ludovico e Luzio germ: fratelli Marella
    Scudi quaranta m.ta romana di giuli X per Scudo"  (8).
    
     
      
            
    Il Marella non fu certamente l’unico ceccanese a profittare dei
    rapporti influenti e del ruolo rivestito dal Gizzi nel mondo musicale
    napoletano. Infatti, un atto del Notaio Giovanni Andrea Marella, del 23
    novembre 1736, espone a chiare lettere che proprio grazie ai buoni uffici di
    Domenico Gizzi, un giovanissimo chierico di Ceccano,  Domenico Malizia,
    figlio di Domenico Antonio e di Domenica, che manifestava una particolare
    disposizione per l’arte musicale, venne accolto, come alunno, nel 
    Conservatorio della Pietà dei Turchini di Napoli, per un periodo di studi
    di sette anni (9).
    
     
     
         Altri atti notarili testimoniano la determinazione con cui Domenico
    volle incrementare il vasto patrimonio immobiliare di sua proprietà. I
    contratti relativi all’acquisto di alcuni appezzamenti di terreno nelle
    varie contrade di la Maiura, li Carmi, Valle Rovagno, la Via Piana, li
    Tocchi, la Fontana, la Madonna dell’Arco, le Pantana, vennero stipulati a
    Ceccano, in nome e per conto del musico, dal fratello Pietrangelo (10).
    
     
     
            
    Sui beni di Domenico siti nel territorio della Città di Arpino non
    vi erano notizie, anche a causa della completa dispersione dell’Archivio
    Notarile di Arpino avvenuta durante la seconda guerra mondiale. Il
    rinvenimento di alcuni atti notarili stipulati a Ceccano, ma riguardanti il
    patrimonio del musico nella Città di Arpino, ha permesso di far luce
    parzialmente sulla questione.
     
     
      
      
      
      
      
      
      
      
      
            
    Fra i beni di Domenico erano compresi un Palazzo posto nella zona il
    Quartiere del Ponte ed alcune tenute con vigne ed oliveti, nella Contrada
    Magneto di sette tomoli e in Contrada Pallesco, di otto tomoli, con casina e
    forno, come indicato in un atto del Notaio  Magno Colantoni  di Ceccano:
    
     
     
            
    "Nel Nome di Dio così sia. L’Anno del Sig.re mille
    settecento novanta sei. Il di venticinque del mese d’agosto. L’indizione
    rom.a XIV. L’anno XXII del Pont.o di N.ro Sig.re Pio per Div.a Provid.a
    PP. VI.
    
    
     
            
    Cost.o personalmente
    avanti di me Not.o, e Test.i infr.i l’Ill.mo Sig.re Giuseppe Gizzi della
    bo:me: Antonio di Ceccano à me cog.to, il quale ha dato e concesso in
    affitto da durare per un sessennio continuo dà principiare in oggi, e
    terminare, come siegue, e con l’infr.i patti, e condizioni, à Gabriele
    Pizzoli del q.m Felice della Città d’Arpino in Regno ora qui in Ceccano
    sud.o per il p.nte atto, e à me parim.ti cog.to, p.nte, ed accett.e per se
    e suoi due Possessioni arborate, e vitate poste nel Territ.o sud.o d’Arpino,
    la p.ma cioè in c.da Magneto di cap.ta Tom.li sette circa all’uso d’Arpino
    conf.e con li Beni di Casa Bianchi, del Ven. Monast.o di S. Chiara, strada
    pub.a salvi. L’altra Possess.e in c.da Pallesco di cap.tà Tom.li otto c.a
    al d.o uso con casetta rurale di tre stanze, due cioè terrate e una
    superiore con suo Forno tramezzata dalla strada pub.a, e conf.e con li Beni
    della Casa Mortaroli, e della Casa Colamasi, del Ven: Monastero di Casamara
    in due lati, e d.o Pizzoli affitt.rio salvi. e altresì il Palazzo dentro
    d.a Città d’Arpino in c.da il Quartier del Ponte giusta li suoi noti
    confini... 
      
            
    Qual’Affitto de Beni
    come sopra posti e confinanti l’ha fatto d.o lodato Sig.r Gizzi à fav.e
    di d.o Pizzoli, e suoi per l’annuo affitto di Ducati novanta m.ta regia
    buona, e corrente dà pagarsi d’agosto in Agosto di ciascun anno qui in
    Ceccano liberam.te, e senz’alcun’eccezz.e" (11). 
      
     
            
    Con atto del  Notaio Lorenzo Guerrucci del 9 dicembre 1805,
    l’Illustrissimo Signore Giuseppe Gizzi, figlio del fu Antonio e pronipote
    di Domenico, procedeva alla vendita del Palazzo di Arpino, posto in Contrada
    Quartier del Ponte, ai Signori Sangermano che vi istalleranno un noto
    laboratorio di produzione di stoffe:
    
     
     
            
    "avendo trovato l’Ill.mo Sig.re Raffaele San Germano della
    sud.a Città di Arpino per tutti li suoi particolari negozj dal Sig.r
    Vittorio San Germano suo Padre, il quale hà mostrato desiderio di
    acquistare questa med.a Casa per farci tutto ciò, che occorrerà, e ridurla
    ad uso di opoficio per la fabrica del Panno" (12).
    
     
            
    Il prezzo per la vendita
    venne fissato in trecento ducati di Regno di carlini dieci per ducato, dei
    quali il Signor Raffaele Sangermano ne versava subito centocinquanta, con
    l’impegno di versare il residuo con due rate uguali da settantacinque
    ducati ciascuna, la prima nel mese di ottobre del 1806 e la seconda entro il
    mese di ottobre del 1807. 
      
     
            
    Con l’Atto di "Quietanza" rogato in Ceccano
    dal Notaio Pier’Antonio Orlandi, in data 14 febbraio 1810, il Signor
    Raffaele Sangermano provvedeva al pagamento del saldo finale di ducati
    trenta per l’acquisto del palazzo di Arpino, in favore dei figli del
    defunto Giuseppe Gizzi, Luigi e Tomasso. Nell’atto, Don Stanislao
    Colantoni, tutore del minore di età Tomasso Gizzi, precisava la provenienza
    del palazzo dal patrimonio del Musico Domenico Gizzi:
    
     
     
            
    "d.a Casa lasciata con titolo di fide commisso della bo.me. di
    Domenico Gizzi di loro Prozio come dalla di lui disposizione
    testamentaria" (13).
     
     
     
     
     
            
    Il Musico Gizzi, seppur gravato da impegni ed incarichi incessanti,
    conservò uno stretto legame con la sua terra natale di Ciociaria, come
    testimonia la petizione indirizzata alla Segreteria del Vicerè nell'aprile
    1717:
    
     
     
            
    "Domenico Gizzi musico soprano della Real Cappella supplicando
    espone à V.E. come ritrouandosi da molto tempo manifestamente trauagliato
    con mal di petto, per cui è stato consigliato da medici per ricuperare la
    salute andarsene per qualche tempo all’aria nativa; perciò supplica V.E.
    che voglia concederli licenza per infino alli ventitrè dell’entrante Mese
    di Maggio, frà il qual tempo non ne s’incontra alcuna funzione di
    Cappella Reale, eccettuatone il solito sabbato, per cui lascia in sua vece
    un’altro soprano della mede.ma Real Cappella" (14). 
             
    Numerosi
    periodi di permanenza in Ciociaria, sia ad Arpino che a Ceccano, sono
    documentati dalle licenze ottenute dal Musico negli anni 1737, 1741, 1750
    (nei mesi di ottobre-dicembre egli risiede a Roma, in occasione dell’Anno
    Santo),  1753 (ottiene quattro mesi di licenza dal marzo al giugno,
    per motivi di salute) e nel 1756 (da aprile a novembre) (15). 
      
              
    Nei
    rapporti con i suoi familiari, Domenico si comportò con grande generosità
    ed affetto, sempre disponibile e comprensivo nel venire incontro alle loro
    esigenze, come evidenziano alcuni atti notarili stipulati in occasione del
    matrimonio della sorella Anna con il  Signor Felice Scoppetta, fratello
    dell’Abate di Santa Maria a Fiume di Ceccano, Don Giuseppe Antonio. Nella
    costituzione di dote contenuta nei capitoli matrimoniali del 15 marzo 1718,
    Domenico Gizzi attribuiva alla sorella 100 scudi "di mera sua
    liberalità" (16).
     
    
     
             Quattro anni dopo,
    nel 1722 Domenico elargiva la somma di 400 ducati alla sorella Cecilia ed al
    marito di questa il Sig. Domenico Lancia di Arpino, i quali istituirono un
    censo corrispondente sulla loro abitazione arpinate posta nei pressi della
    Piazza Pubblica. Nel suo testamento, Domenico dispose con grande magnanimità
    le sorti di questo censo, che, comunque, si trascineranno per molti anni
    anche dopo la morte del musico. Le incombenze relative saranno risolte con
    due transazioni: la prima la "Concordia" del 10 luglio
    1764, con cui Pietrangelo attribuiva effettivamente ai figli del defunto
    fratello Giuseppe, Domenico Nicola, Agnese, Perfetta e Agata, il legato di
    duecento ducati prescritto nel testamento del musico  (17) e la seconda
    stipulata il 10 ottobre 1766, fra i cugini Don Vincenzo Gizzi, figlio di
    Pietrangelo e Giovanni Abbundio Lancia, della Città di Arpino, figlio di
    Domenico e Cecilia Gizzi (18). 
      
     
      
    
      
      
        
          | 
     1)
    
    Archivio di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Atto del
    Notaio Giovanni Marcelli del 21 febbraio 1736, faldone 170, ff. 5-6, 23-24,
    rr et vv. Si vedano anche gli atti dello stesso notaio Marcelli del 2
    febbraio 1736, faldone 170, ff. 2-4 e 25-27, rr et vv.
    
    
     
     
    
    
     
    2)
    Questa notizia sulla provenienza del Portale, tramandata oralmente fino ai
    nostri giorni, mi fu gentilmente comunicata dal Signor Pietro Masi, che
    l’aveva appresa direttamente, negli anni cinquanta, dal Signor Romolo
    Bruni, Comandante della Polizia Municipale di Ceccano, discendente per parte
    della madre, Colomba, dalla Famiglia di Pietrangelo Gizzi. Lo stemma
    scolpito sul Portale e cioè
    “la colomba recante nel becco un
    ramoscello d’ulivo, ferma sui monti a tre cime”, è quello dei Gizzi
    di Ferentino, come si può constatare, confrontandolo con lo stemma in
    ceralacca del Canonico Paolo Antonio Gizzi, Nobile di Ferentino, Revisore
    Apostolico degli Archivi delle Province di Campagna e Marittima, conservato
    nell’Archivio di Stato di Frosinone. Secondo la testimonianza orale del
    Signor Quirino Masi, Ufficiale di Stato Civile del Comune di Ceccano, nella
    parete di fondo dell’androne dell’ingresso principale, fino alla metà
    del XX secolo, era possibile ammirare due putti alati in stucco, di notevoli
    dimensioni e volgenti lo sguardo verso il portale d’ingresso, che
    sorreggevano un ovale in stucco, della stessa fattura di quelli conservati
    nello scalone.
    
     
     
    
    
     
    3)
    Archivio di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Atto del
    Notaio Magno Colantoni dell’11 marzo 1807, "Inventarium Bonorum Bo:me: Josephi Gizzi", faldone 266, Protocollo 533, ff.
    181r-198v.
    
    
     
     
    
    
     
    4)
    Testimonianza resa dalla N.D. Maria de Sanctis, figlia di Margherita Gizzi
    erede del Palazzo di Ceccano. Si veda anche l’Inventarium citato,
    al f. 188v.
    
    
     
     
    
    
     
    5)
    Purtroppo, il ritratto del Musico venne tolto dalla cornice per far posto ad
    uno specchio e poi alla morte di Caterina Gizzi (nel 1907) fu gettato via.
    Tale vicenda fu narrata alla N.D. Maria de Sanctis, dalla nonna Maria
    Bragaglia, figlia di Filippo e Caterina Gizzi e moglie a sua volta di
    Giovanni Gizzi, figlio di Vincenzo Giuseppe.
    
    
     
     
    
    
     
    6)
    PATRICK BARBIER, Voce Sola, Vita e musica di Carlo Broschi detto
    Farinelli, Rizzoli, Milano 1995, pag. 188.
    
    
     
     
    
    
     
    7)
    Archivio di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Notaio Tommaso
    Bucciarelli, Faldone 196, ff. 8-9, 114-115, r et v. Riguarda un appezzamento
    di terreno posto nella Contrada Santa Lucia della capacità di tre tomboli.
    Sono testimoni dell’atto l’Abate Giuseppe Antonio Scoppetta, del fu
    Giovanni Battista e il domestico napoletano del Musico, Paolo Castellano,
    figlio di Ignazio.
    
    
     
     
    
    
     
    8)
    Ibidem, ff. 10 r et v e 113 r et v. L’atto si conclude con le precise note
    sul luogo di stipula dell’accordo, "Actum Ceccani, Domi d.i D.
    Gizzi", sita nei pressi della Chiesa della Beata Vergine Maria
    degli Angeli, alla presenza dei testimoni l’Abate Giuseppe Antonio
    Scoppetta, figlio del fu Giovanni Battista e del Rev. Don Pompeo Giovannone,
    figlio del fu Salvatore.
    
    
     
     
    
    
     
    9)
    Archivio di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Atto del
    Notaio Giovanni Andrea Marella del 23 novembre 1736, faldone 145, ff.
    199-200, rr et vv.
    
    
     
     
    
    
     
    10)
    Si ringrazia lo storico di Ceccano,  Carlo
    Cristofanilli, che ha rinvenuto
    alcuni atti notarili relativi nell’Archivio di Stato di Frosinone: Fondo
    notarile di Ceccano, Notaio Loreto d’Ambrosi, prot. 5°, faldone 180, ff.
    438 r et v, 457 r, acquisto del 20 agosto 1748; prot. 7°, faldone 182, ff.
    187 r et v, 188 recto, acquisto del 24 febbraio 1753. In seguito, l’autore
    della presente memoria biografica ha avuto modo di rinvenire numerosi atti
    notarili relativi a Domenico Gizzi. Il 30 settembre 1731, con atto del
    Notaio Angelo Cerroni, Domenico Gizzi acquista un terreno posto in Contrada
    la Maiura a Ceccano della capacità di tre tomboli. L’atto viene stipulato
    in nome e per conto del musicista, dal fratello Pietrangelo (Fondo Notarile
    di Ceccano, Notaio Angelo Cerroni, faldone 139, prot.  335,
    ff. 62-63 rr et vv). Tre
    atti in favore di Domenico furono rogati nell’agosto del 1732 dal Notaio
    Gaspare Marella.
    
     
     
    
    
     
    11)
    Archivio di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Atto del
    Notaio Magno Colantoni del 25 agosto 1796, Faldone 262, Prot. 524, ff. 7 r
    et v e 14 r.
    
    
     
     
    
    
     
    12)
    Archivio di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Atto del
    Notaio Lorenzo Guerrucci del 9 dicembre 1805, Faldone 255, Protocollo 506,
    f. 1 r et v.
    
    
     
     
    
    
     
    13)
    Archivio di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Notaio
    Pier’Antonio Orlandi, Fald. 281, Prot. 583, foglio 546r.
    
    
     
     
    
    
     
    14)
    Archivio di Stato di Napoli, Segreteria del Viceré, Anno 1717 fascio 1474,
    documento del 24.IV.1717.
    
    
     
     
    
    
     
    15)
    Archivio di Stato di Napoli, Segreteria dell’Ecclesiastico, Real Dispacci,
    Voll. 160, fol. 127v; 163, fol. 26v; 193, fol. 30r.
    
    
     
     
    
    
     
    16)
    Archivio
    di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Notaio Domenico
    Giovannone, Faldone 128, f. 139v.
    
    
     
     
    
    
     
    17)
    Atto del Notaio Loreto d’Ambrosi di Ceccano, del 10 luglio 1764. Archivio
    di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Faldone 190, Prot. 414,
    fogli 105v e 128 r et v.
    
    
     
     
    
    
     
    18)
    “Concordia e Transattione fra li Sig.ri D. Vincenzo Gizzi da una parte,
    e Giovanni Abbundio Lancia della Città di Arpino dall’altra”, del
    10 ottobre 1766. Atto del Notaio Loreto d’Ambrosi, Archivio di Stato di
    Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Faldone 191, ff. 151-153 rr et vv e
    167 r et v.
    
    
     
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    Vai a 10 - Il
    Testamento di Domenico Gizzi
    
     
     
    
 A
    cura di 
    Il
    Principe del Cembalo - Rodelinda da Versailles 
    Arsace
    da Versailles - Faustina da Versailles 
    Arbace
    - Alessandro - Andrea & Carla 
    Un
    enorme grazie a 
    Avvocato
    Stefano Gizzi 
    Nei
    restauri, ancora in corso, con Stefano Gizzi, hanno collaborato e si
    ringraziano: 
    1)
    il Maestro Ebanista COLOMBO VERRELLI,
    che ha restaurato le porte, ne ha realizzato di nuove sempre secondo lo
    stile dell'epoca, ha restaurato alcuni mobili fra cui lo scrittoio del
    Musico Domenico Gizzi ridotto in cattivo stato. 
      
    2)
    il Maestro FRANCESCO BARTOLI, pittore e
    decoratore, per la scelta dei colori, la definizione degli
    stessi con le tonalità assolutamente dell'epoca e l'arredamento delle sale
    con materiali, carte e stucchi, rigorosamente d'epoca. 
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