Racine aveva steso la sua tragedia nel 1673 “Mithridate” evidenziando l’aspetto di fermo oppositore dei romani, ultima resistenza ad essi per bloccarli nel passaggio verso l’Oriente. Il soggetto non era una novità nel campo della Musica Barocca, in quanto compositori quali Alessandro Scarlatti, Aldovrandini, Antonio Caldara, e poi c’è quello oggi più noto e successivo di Mozart. Filippo Vanstriper scrive il libretto d’opera a partire da quello di Racine, e fu scritto interamente per voce di castrati: la rappresentazione era prevista per il carnevale del 1730 (7 Febbraio 1730 la prima) al Teatro Capranica a Roma, dove il Papa aveva vietato per problemi morali e di decenza pubblica il varcare le scene teatrali di cantanti femminili. La seconda versione della storia di Mitridate, su libretto di Gavardo da Gavardo, è per combattere il teatro Handeliano a Londra nel 1736 vide sul palco un cast stellare: Farinelli, Francesca Cuzzoni, Montagnana, Senesino. (Relativamente a Senesino, si suppone sia stato nel ruolo di Mitridate, posto nella versione romana nel registro contraltile).

 

 

Ognuno testimonia che Mitridate godeva di un fisico possente, una viscerale crudeltà (ben presto uccise madre e fratello per impadronirsi del potere), una inarrestabile ambizione di potere, elevate capacità di condurre l’esercito a cui associava una profonda cultura, essendo addirittura in grado di parlare 20 lingue. L’odio che sgorgava dal suo petto verso Roma lo portò a contrastare la grandezza della Repubblica con ogni mezzo: a modello aveva preso Alessandro Magno: per temprarsi trascorreva le notti all’aperto, esposto alle intemperie, e, prevedendo la possibilità di una morte per intossicazione si abituava gradualmente al veleno, divenendo immune ad ogni tentativo di assassinio. E questa circostanza si verificò quando la sorella e moglie Laodice tentò di sopprimerlo con il veleno, la fece giustiziare senza pietà. Nel 105 avanti Cristo intraprese il progetto di una riconquista delle aree dell’Asia minore occupate dai Romani. Nel 85 A.C. subì una prima sconfitta da Silla, che occupò Atene. Mitridate si ritirò ed ebbe modo nell’83 A.C. di affrontare l’attacco a sorpresa di Licinio Murena, rovesciando a suo favore l’esito della battaglia, riprendendosi la Cappadocia, grazie sia all’intervento di Tigrane, Re degli Armeni e genero – aveva sposato infatti sua figlia Cleopatra – sia alla ribellione del comandante romano Sartorio. Lucullo, incapace di tenere le forze romane, fece scoppiare un ammutinamento e quindi fu congedato da Roma, designando una figura ben più nota che fu capace di infliggere a Mitridate una tremenda sconfitta nel 66 A.C.: si trattava di Pompeo.Mitridate era stato lasciato sia da suo figlio Macare, sia dall’altro suo figlio Fornace, che era passato sotto le insegne nemiche; anche una delle sue mogli, Stratonice, lo tradì dando una fortezza ai Romani. Mitridate decise allora i togliersi la vita con il veleno, ma essendone immune, ordinò di farsi pugnalare da un soldato della sua scorta: tale evento diede una ventata di gioia a Roma, ma Pompeo gli diede una sepoltura con tutte le onorificenze dovute ad un gran condottiero.

 

 

Trama

 

 

Atto Primo

 

Presso la porta di Ninfea si aspetta in una piazza il ritorno di Mitridate dalla battaglia contro Pompeo; è qui che intanto il figlio Sifare riprende Laodice, principessa di cui lui stesso si è innamorato, di non essere fedele al padre di cui è la promessa sposa, annunciandole che il loro affetto non può aver un seguito. Laodice sorpresa dalle parole lo rimprovera a sua volta che antepone l’amore per il padre al proprio. Alla fine è il buonsenso e il rispetto per il genitore che prevalgono. Nel frattempo Farnace, primo figlio di Mitridate, innamorato anche esso di Laodice, viene informato dal governatore della città, Arbate, che il Re Mitridate è morto in battaglia: Farnace reagisce con impeto dichiarando di voler sposare Laodice ben presto, cosa che irrita Arbate, che minacciato, finisce per sottostare al volere del Principe e primo diretto successore al Trono. Ecco che Laodice è costretta ad accettare di unirsi in matrimonio con Farnace, giacchè primo successore di Mitridate: ma ecco che nel momento della cerimonia un improvviso oscuramento ostacola il compimento del rito, e la voce dell’oracolo nel tempio impone al figlio traditore di lasciare i progetti matrimoniali e di governo. Incurante Farnace prosegue ad insidiare Laodice, che viene salvata dall’intervento di Sifare. Ma proprio in questo momento giunge festivo Arbate con la smentita della notizia prima riportata sulla morte del Re Mitridate, annunciando che sta tornando intendendo riprendere il controllo della città. Laodice si dispera: deve seguire il suo destino di sposa accanto ad un uomo che non ama; i due fratelli si accordano di non svelare al padre le loro colpe, palesandosi gli affetti verso Laodice. Sconfitto in uno scontro con i romani, Mitridate è perplesso sulla fedeltà di figli e promessa sposa Laodice, e sebbene Arbate lo rassicuri sui suoi dubbi, egli vuole scoprire la verità: confessa quindi ad Arbate che è stato lui stesso a spargere la notizia della sua morte per verificare la fedeltà dei suoi parenti. Ismene, principessa dei Parti, promessa a Farnace, gli riferisce le infedeltà del primogenito. Il Re inveisce, corroso dai dubbi ed angosciato dal pensiero di rimanere in preda ad un a misera solitudine.

 

 

 

 Atto Secondo

 

Il sentimento verso Laodice deve terminare: così intima Ismene a Farnace, altrimenti svelerà ogni tradimento al suo futuro suocero Mitridate; ma sono parole al vento, perché Farnace non intende abbandonare i suoi propositi: esser Re di Ponto, avere Laodice come Regina ed eliminare il germano Sifare. Ismene cade nella più tremenda disperazione. L’arrivo di Laodice che si dichiara sempre più innamorata, senza mai pronunciare il nome dell’idolo suo, ingigantisce l’equivoco nella mente di Ismene. Restata sola, Laodice al suono bucolico di “augelletti” si addormenta, proprio mentre giunge Mitridate, che affascinato dalla bellezza della Principessa promessagli, è dilaniato fra l’amore e il proprio orgoglio ferito. In questo momento si avvicina Sifare che viene preso dal furore della gelosia, in quanto Mitridate avvicinatosi a Laodice, l’abbraccia con passione. Mitridate litiga con Laodice, che sfocia nella convocazione da parte del Re irato di Sifare, a cui chiede sostegno e fedeltà. Mitridate poi riunisce i due figli nella sala per annunciare la sua definitiva partenza contro Roma, che intende condurre egli stesso sul suolo romano. Ma si tratta di una farsa, per poter scoprire quali siano i veri traditori. Farnace allora non è disposto in sostanza a sacrificarsi per la patria ed annuncia di non voler unirsi in matrimonio con Ismene, per la quale non sente nulla, accusando il fratello Sifare di esser ambiguo e di non palesare i suoi veri sentimenti. Ecco che Fornace viene incarcerato da Mitridate, mentre Ismene si flagella dal rimorso. Costretto a celarsi dal padre, Sifare è testimone di una conversazione fra Mitridate e Laodice: per provare la relazione con Farnace, Mitridate le annuncia di volerla dare in sposa a Sifare. Ed è così che invece Mitridate viene a conoscenza della verità, prendendolo in contropiede, irritandolo: mentre lascia la sala del trono in preda ad una furiosa ira, Arbate è dispiaciuto della sorte dei due giovani: Laodice e Sifare si testimoniano la loro gioia e la loro disperazione in uno straziante addio , che conclude l’atto.

 

 

 

Atto Terzo

 

Convocati Sifare e Laodice nei suoi appartamenti per decretare la morte per tradimento, Mitridate è interrotto per la notizia portata da Arbate della fuga dal carcere di Farnace e di un attacco romano che sta spargendo il panico in città. Ecco che in quel mentre entra Farnace che si dichiara pronto ad affiancare il padre a fronteggiare il nemico, dimostrandosi leale e pronto ad un eventuale sacrificio. Mitridate si commuove alle parole di un figlio che risponde alle sue aspettative e gli concede il perdono. Non sono finite le sorprese: Farnace ritrova il sentimento verso la sua promessa Ismene, la quale con dolore lo lascia andare contro i romani. L’addio che Sifare deve dare a Laodice è difficilissimo in quanto lei è costretta al suicidio: sola poi, oppressa dalla disperazione è in procinto di compiere il gesto di bere del veleno che giunge Arbate che la blocca e la informa della grazia del Re ed il perdono di Sifare. Arrivano poi i due fratelli, vittoriosi sul nemico romano, ma la gioia è stroncata dalla notizia del ferimento mortale di Mitridate, che giunto, dopo aver riabbracciato Sifare e Laodice, spira in presenza dei figli. Un coro conclude l’atto.

 

 

 

 

Prima Esecuzione
In tempi Moderni 
Ottobre/Dicembre 2005


Mitridate

Musica di

Nicola Porpora



Libretto di  Filippo Vanstriper

Maestro concertatore e direttore d’orchestra: Massimiliano Carraro

Regia, scene e costumi: Massimo Gasparon

Tessuti per scene e costumi: Rubelli

Light designer: Vilmo Furian

Orchestra: La Officina de li affetti
 

 

 

 

Interpreti

 

Mitridate, Re di Ponto - Anicio Zorzi Giustiniani

Laodice, Promessa sposa di Mitridate - Alexandra Zabala

Sifare, figlio di Mitridate - Sara Allegretta

Farnace, Primo figlio di Mitridate - Maria Laura Martorana

Ismene, Figlia del Re dei Parti - Erika Pagan

Arbate, Governatore di Ninfea - Maria Cassi
 
 

 

 

 

Note sulla rappresentazione del MITRIDATE di Porpora nel 2005

 

Massimo Gasparon sottolinea giustamente la carestia di opere Barocche rappresentate attualmente nei teatri italiani e la grande eccezionalità che sia la Fenice a rappresentarne una, ha fatto scegliere di proporre quanto si è ritenuto il meglio delle due versioni dell’opera di Nicola Porpora, garantendo la possibilità di ascoltare arie di straordinaria bellezza ed ispirazioni solo al tempo conosciute. Mitridate è la quinta Opera in assoluto che viene rappresentata di Nicola Porpora in tempi moderni, e ci si augura che questo ulteriore passo possa dare una ulteriore propulsione per la riscoperta del compositore. La versione presentata alla Fenice e al teatro San Giovanni Grisostomo di Venezia è un ridimensionamento della versione del 1730 romana, con l’aggiunta di alcune arie scritte per il teatro londinese, consentendo di godere delle due versioni a confronto, notando lo sviluppo musicale di Porpora in soli 6 anni di differenza tra l’una e l’altra versione. Proprio per il fatto che Nicola Porpora fosse il più grande maestro di canto del Settecento, come testimoniano gli dei del settecento musicali usciti dalla sua fucina, consente di intravedere nelle arie la sua grande conoscenza che dimostra nella scrittura vocale, che spesso cucita con maestria proprio per le ugule dei suoi allievi migliori.

 

 

 

 

La versione presentata dalla Fenice ha operato dei tagli di arie e di recitativi, per evitare intervalli, sempre tenendo però presente una trama comprensibile e la sequenza originale: il collage che ne risulta non pretendeva alterare la partitura, ma perseguiva l’intento di presentare i tratti più significativi di una musica anche per un pubblico non specializzato: sebbene siano due testi in stile differente, sono uniti da una coerenza musicale di Porpora. Il testo romano di Vanstriper segue fedelmente la versione del 1673 di Racine, ed ha non solo similitudini evidenti con la versione di Cigna-Santi, musicata da Mozart, ma addirittura frasi intere uguali.

 

 

"Ismene" da MITRIDATE di Nicola Porpora

 

 

Il Ruolo di Mitridate è dato ad una voce tenorile, cosa assai eccezionale in un periodo in cui solo le voci alte erano di interesse generale; i fratelli rivali, Farnace e Sifare, figli di Mitridate, invece sono concepiti per soprani evirati: la versione romana sicuramente presentava nel cast il grande Caffarelli, il prediletto da Porpora (a cui disse alla fine degli insegnamenti: "Vattene, figliuol mio. Io non ho altro da insegnarti. Tu sei il primo cantante dell'Italia e del mondo") e grande rivale di Farinelli: ecco che la scrittura presenta un elevato grado di virtuosismo, tanto da arrivare ad uno stile pari a quello di un Vivaldi maturo per analogie ed assonanze, senza tuttavia perdere il dna squisitamente napoletano per l’impiego di tonalità e straordinaria capacità di inventiva per melodie ricordabili. La versione invece londinese è legata alla presenza della parte assegnata a Farinelli: in sostanza presentando un’opera nelle due versioni in fondo è come anche portare a confronto i due rivali, così grandi nell’arte nel canto, come così differenti per carattere, ma tuttavia accomunati da una scuola di altissimo livello vocale: quella di Nicola Porpora. La parte affidata a Farinelli è nello stile patetico e virtuosistico allo stesso tempo: vi è un uso continuo dell’ottava centrale che non inibisce l’elaborazione di lunghe frasi musicali ricche di agilità, che percorrono tonalità maggiori e minori con un effetto di alto fascino per l’udito.

La presenza nel cast della cantante Francesca Cuzzoni, indimenticata interprete di Cleopatra in Giulio Cesare di Handel, ha spinto alla scelta di proporre le sue arie scritte per la versione londinese caratterizzate da una grande propensione verso il lirismo e la drammaticità. Porpora dimostra una evoluzione che molti suoi coevi non hanno saputo così intensamente dimostrare, senza mai ripetersi: nell’habitat londinese, Nicola Porpora impiega uno stile orchestrale più internazionale.

Il libretto accompagnatorio del MITRIDATE mi sembra davvero esagerare quando viene scritto: "...nel caso del secondo movimento della sinfonia di apertura, (che viene riproposta in questa edizione), notiamo come Handel stesso abbia tratto ben più di una ispirazione per il famoso coro dell'Alleluja nel suo MESSIAH del 1741, scritto quindi ben 5 anni dopo il MITRIDATE di Porpora: al pubblico il giudizio! "; mi sembra davvero una forzatura (anche basti solo pensare che una composizine è scritta in ritmo ternario, mentre l'altra in ordinario quaternario), ma questa citazione testimonia in fondo quanto si rileva nei tempi attuali, ossia che il rifarsi ad Handel, o citare Handel in composizioni ignote, o di compositori poco conosciuti, equivale oggi a fornire una patina di qualità alla composizione o compositore ignoto: comunque non era necessario scomodare di certo l'Alleluja per "pubblicizzare" l'opera: Porpora sa bene il fatto suo, non a caso fu rivale di Handel. Tuttavia è da sottolineare invece che anche Porpora si cala, probabilmente per la strettezza dei tempi, o per un momento poco fertile, come gli altri in un riproporsi: l’allegro del suo Oratorio GEDEONE è similissimo a quello dell’allegro del secondo movimento dell’Ouverture di Mitridate. Porpora poi utilizza la prassi di riprendere dei temi che sono inclusi nella ouverture in alcune arie, o come nel caso di Mitridate c’è lo stesso tema nel duetto fra Laodice e Sifare.

 

"Mitridate e Sifare" in MITRIDATE di Nicola Porpora

 

 

La costumistica della rappresentazione si è avvalsa di costumi espressamente creati dalla sartoria Brancato per l’occasione, impiegando tessuti fra i più preziosi di Ribelli con l’intento di riportare in primo piano uno degli elementi essenziali dell’opera Barocca per come era concepita: l’aspetto visivo, oltre che quello naturalmente sonoro. 

La costumistica diventa scenografia, in effetti la sontuosità e l’ampiezza non avrebbero permesso nella realizzazione della Fenice l’arricchimento di mobilia ulteriore al colonnato, impreziosito con il velluto rosso brancacci, e a qualche elemento scenico usato quale l’architettura di una nave per l’arrivo del protagonista Mitridate o come il triclinio evocante un stile impero, dove Laodice può addormentarsi cullata dai flauti e dal volo di augelletti o dove il protagonista può nella scena finale spirare distendendosi sopra;

 

 

"Ismene e Mitridate" da MITRIDATE di Nicola Porpora

 

 

L’ampiezza e la lunghezza degli strascichi preziosi avrebbero impedito un fluente movimento dei personaggi. Il colonnato, la gestualità Barocca persegue un ideale squisitamente del periodo, senza ricercare alcun legame col una dimensione reale, coerentemente con l’estetica degli affetti. Sebbene i personaggi dell’opera siano distanti dalla realtà odierna, in quanto portano in scena l’aristocrazia, ossia un mondo con usi e costumi lontani dalla vita quotidiana, che spesso si trova dinnanzi a scelte difficili, se non impossibili, fra princìpi incompatibili gli uni con gli altri, ma lodevoli se presi singolarmente che agisce per amore e per onore e quindi vicini a quelli che possono essere anche ai sentimenti di un pubblico odierno.

 

 


In sostanza si può affermare che lo spettacolo organizzato alla Fenice può concludersi con un prezioso esito positivo - sebbene mancasse la voce di Falsetto nel cast, cosa che ha reso un po' monotono il timbro del cast - giacchè la Musica di Porpora, nella sua eccezionalità di esecuzione in tempi moderni e nell'elevata sapienza del mastro nel campo operistico, la scenografia e costumistica assieme, sfoderando uno sfarzo davvero rimarchevole e per bozzetti e per preziosità e ricchezza dei tessuti, e il far riaffiorare uno dei filoni più importanti dell'epoca, la rivalità fra due star quali Farinelli e Caffarelli, proprio rilevabili nell'ascolto delle arie rispettivamente di Sifare e Farnace, evidenziate nella scelta di una presentazione ibrida delle due versioni 1730 / 1736, hanno garantito un ottimo apprezzamento generale per il pubblico che ha partecipato alla serata. Lo spettacolo è stato confezionato attraverso una serie di tagli di arie e recitativi, e partendo sulla base della versione iniziale romana del 1730, s sono aggiunte le arie scritte per Farinelli e per la Cuzzoni che cantarono nella versione del 1736 a Londra. Secondo i progetti espressi dal direttore Massimiliano Carraro, l'opera verrà riproposta ampliando alcune parti con arie e recitativi, ulteriori a quelli ascoltati nelle rappresentazioni di dicembre 2005. C'è da augurarsi che lo spettacolo possa esser confezionato in un cofanetto o meglio in dvd, per non dimenticare un'opera di Nicola Porpora così coinvolgente. Non resta che ringraziare tutti, davvero tutti, fra cantanti, strumentisti, direttore, registi, costumisti e Nicola Porpora per questo spettacolo davvero entusiasmante per noi Baroccofili.

 

 

Il Cast da sinistra a destra:

Sifare, Laodice, Mitridate, Arbate, Ismene, Farnace

07/01/2006

 

 

 

Alcuni estratti dalle opinioni degli iscritti di Handel Forever sull'esibizione del MITRIDATE di Porpora

 

 

 

A cura di  Arsace

 

www.haendel.it

 

 

Ultimo aggiornamento: 07-05-20