I Falsettisti 

 

   

Legittimazione dei Falsettisti nell’Opera teatrale e nella Musica Sacra e Profana Barocca

 
 

 

 

David Daniels e Bejun Metha in GIULIO CESARE

 

 

 

Si danno argomentazioni alla legittimazione dei falsettisti (controtenori, contraltisti, sopranisti) all’interno delle composizioni Barocche, in contrapposizione alle contra-mezzo (neologismo da noi inventto per definire la categoria dei contralti e mezzosoprani), che pretendono di essere le uniche titolate a cantare nei ruoli un tempo affidati ai castrati:

1 - la preparazione dei falsettisti delle ultime generazione (vedasi anche intervista rilasciata al periodico ORFEO da Willam Christie, affissa in sezione “foto” della mailing list Handel Forever): oggi non hanno nulla di che invidiare alle voci femminili, come qualcuno continua a sostenere. In fondo come dice Christie i falsettisti odierni hanno una preparazione di molto superiore ai falsettisti del periodo Barocco: perchè? Si può rispondere che sia il risultato di un impegno costante, spinto dalla necessità di sopperire all'attuale, giusta, mancanza di castrati.
Mi spiego: a quell'epoca, parlo attorno al 1550 -1650, i falsettisti erano impiegati all'interno della chiesa per cantare pezzi sacri (luogo dove i presunti filologi estremisti al massimo non obietterebbero confinarli ancor oggi): tali pezzi non erano così elaborati come quelli del Pieno Barocco Teatrale, ma vista la pochezza delle partiture dell'epoca (ricordo che siamo in un periodo Early Baroque) e lo scarso onorario, che demotivava, non è che in sostanza questi falsettisti si impegnassero poi così tanto nello studio e nella riscoperta delle possibilità della loro voce, ma soprattutto, non ve ne era neppure bisogno dal momento che le partiture dell’epoca non richiedevano una forte preparazione rispetto composizioni mirabolanti del Tardo Barocco.
Inoltre si potrebbe anche osservare che alcuni falsettisti forse non erano particolarmente dotati, ma bisognerebbe vedere caso per caso.
La storia ci rammenta poi che, fra i falsettisti, venne fatto passare, al cospetto di un papa, un vero castrato: il papa ne rimase colpito così tanto che finì per sostituire lentamente le voci dei falsettisti con quelle dei castrati, o comunque rimpinguando di molto i cori con le voci di evirati cantori.
In Inghilterra la tradizione dei controtenori non si è mai estinta, ma le partiture non sono mai state così impegnative come quelle delle opere Barocche del pieno periodo maturo: solo che in questo momento i castrati stars assolute del mondo Barocco pervadevano anche le scene teatrali: *nessuno* all'epoca avrebbe perso tempo ad insegnare e sviluppare le voci dei falsettisti nell'opera poichè c'erano già i castrati a disposizione che fin dalla più tenera età (addirittura già dagli 8 anni si evirava), erano già intenti a studiare musica, canto e composizione presso i conservatori. I castrati erano sicuramente più competenti in musica di tenori, soprani, contralti, bassi poiché iniziavano a studiare prima di loro, ossia prima della muta della voce, perchè così si poteva saggiare la voce in tempo e verificare se valeva la pena d'evirare.
Ora però l'effettiva mancanza dei castrati ha spinto, in vista di una loro sostituzione nelle esecuzioni odierne, i falsettisti a studiare sempre di più e ad analizzare profondamente anche partiture teatrali, non solo ecclesiastiche, limando e perfezionando la voce, aumentando l'estensione, usando tecniche a volte di veloce cambio di registro; insomma a colpi di cesello hanno creato “voci aliene” che rispondono proprio alla necessità di creare l'altro che era l'evirato cantore: la sua voce non era né bianca, né femminile, né maschile: è la necessità, nel periodo barocco non c’era questa impellenza, che ha diretto oggi il falsetto a forme sempre più perfette, sia da un punto di vista timbrico, che da un punto di vista tecnico (agilità, estensione, messe di voce, etc.): la voce di testa è una voce che si perfeziona sempre di più facendo esercizio, esattamente come ci dice Mancini. Ed è bene cominciare sin da piccoli, infatti questo sarebbe un altro fatto che accomunerebbe i falsettisti a i piccoli musici cantori del periodo Barocco.

2 - la dimensione di una voce “altra”, evocante un qualcosa che non è banale e ordinario come le voci naturali maschili e femminili o bianche: naturalmente oltre ai trattati canori propri dell'epoca specifici per castrati (si pensi ai trattati di Tosi, oppure agli esercizi di Nicola Porpora), per forgiare il metodo canoro dei castrati, credo che l’esercizio continuo possa riuscire a perfezionare sempre di più la voce di falsetto per arrivare asintoticamente vicina a quella dei castrati.

3 e 4 - l'equilibrio timbrico all'interno dell'opera nelle rappresentazioni odierne: quante volte si prova noia o confusione nell’ascoltare un’opera in Cd, quando le parti affidate ai personaggi maschili, ossia destinate ai musici cantori, sono cantate da voci femminili? L’ascoltatore si trova dinanzi ad un collegio svizzero, nel senso che le voci sono tutte uniformi nella gamma dei registri femminili, appiattendo l’opera, creando confusione nell’ascolto, e suscitando una monotonia timbrica che genera noia, e a volte trasforma un’opera seria in opera buffa: è questo che si deve auspicare per una bella rappresentazione del Teatro Barocco in epoca moderna?
Con l’inserimento, nei ruoli maschili che erano destinati ai castrati, dei falsettisti si riesce ad ovviare a questi problemi, garantendo la possibilità per l'ascoltatore di sentire più agevolmente l'opera, non scambiandola per un uniforme collegio femminile svizzero.

5 - la presenza scenica: un eroe che varca le scene del palcoscenico ci si aspetta abbia certe caratteristiche fisiche: è una esigenza che il pubblico odierno ha, e le opere Barocche devono adattarsi anche alle esigenze del tempo in cui viviamo: nel lontano periodo Barocco, il musico cantore era imponente nella scena, e per di più alto (conseguenza dell’intervento eviratorio): ora l’uomo, il falsettista quindi, è in linea generale più vicino di una donna a queste caratteristiche.

6 - conformità fisiologiche: per le vere messe di voce risultano migliori le casse toraciche maschili: esse infatti proprio per costituzione fisica sono più grandi di quelle femminili, e quindi si avvicinano maggiormente a quelle di un castrato che aveva un mantice incredibile.

7 – Inoltre la voce di falsetto ha la caratteristica intrinseca di uno dei fondamentali perni del Pieno Barocco: stupire e meravigliare l’ascoltatore: un uomo che canta intonando note che dal basso vanno verso il campo delle note più acute, suscita meraviglia rispetto ad una donna che canta note che, per leggi di natura, le sono date per le loro caratteristiche fisiologiche, e che quindi le emette con una coloratura timbrica che risulta "nella norma”, e quindi normali, e quindi di conseguenza intrinsecamente non capaci di suscitare le stesse sensazioni di stupore e meraviglia di una voce maschile in falsetto che sappia spaziare dalle note basse fino a quelle alte, suscitando curiosità ed anche maggior attenzione da parte degli uditori; esattamente in fondo come accadeva in passato: tutte le attività (bere, chiacchierare, giocare a carte, flirtare, dedicarsi ad amplessi amorosi, spettegolare, leggere libri etc.) che il pubblico di un’opera teatrale era intento a fare quando cantava quello o quell’altro cantate si fermavano, tutto taceva, non volava una mosca quando sul palcoscenico era l’evirato cantore che interpretava la sua aria.

8 - La
testimonianza di Mancini evidenzia un fatto di fondamentale importanza, che ci fa ben comprendere quanto una voce di falsetto possa avvicinarsi a quella di un evirato cantore: la sostanza del punto che si vuole sottolineare è che il compositore Lorenzo Perosi nella prima decade del 1900 rifiutò Mancini che era un falsettista sopranista, nel corpo canoro della Cappella Sistina, poiché lo aveva scambiato, dopo averlo udito cantare, ad un castrato (nel 1902 si decise di non assumere più nei cori e nemmeno come cantanti solisti nuovi evirati cantori, lasciando tuttavia quelli già presenti per potergli assicurare la pensione; tutto questo allo scopo di voler così estinguere le motivazioni dell’atroce atto di evirazione).

9 e 10 - Il caso di William Savage:
Il 4 aprile 1739 The London Daily Post, in relazione a ISRAEL IN EGYPT annovera William Savage come Alto, cosa molto interessante dal momento che egli figura come boy-soprano in ALCINA, FARAMONDO E GIUSTINO, mentre in IMENEO e DEIDAMIA cantò come basso: questo implica che William Savage cantò anche in falsetto, oltre che con voce naturale, in composizioni Handeliane.
Questo anche in considerazione del fatto che i castrati sulla scena mondiale si erano drasticamente ridotti: in effetti le condizioni economiche medie erano di gran lunga migliorate rispetto il 1600, per cui le famiglie ci pensavano due volte prima di sacrificare la virilità dei propri figli in vista di un miglioramento economico aleatorio dovuto ai compensi che i loro figli avrebbero potuto avere se avessero sfondato nel mondo musicale, specie se varcavano le scene teatrali. Ecco quindi un piccolo esempio di sopperire a questa mancanza col ricorso all’uso di un falsettista.
Il falso castrato Balani: si ricordi l’aneddoto di questo presunto castrato: in realtà i testicoli erano retrattili e con uno sforzo per arrivare ad una nota particolarmente alta, essi scesero nello scroto, e si disse che come conseguenza perse la voce: tuttavia prima aveva cantato varcando le scene teatrali. E’ una cosa alquanto improbabile sia il fatto in sé così come tramandato: è ragionevole credere che il buon Balani, si era ben reso conto che gli onorari pagati ad un evirato cantore erano di gran lunga superiori a tutti gli altri cantanti (soprani, bassi, tenori, contralti), quindi per poter “mangiare”, e mantenersi, sollevandosi dallo stato di miseria, si è improvvisato castrato, ma nascondendo i gioielli di famiglia, e le caratteristiche tipiche maschili di chi non ha subito l’evirazione: e deve esser stato molto bravo anche col canto, tanto da esser scambiato per un castrato, solo che forse ha voluto strafare, o forse non aveva esercitato un buon allenamento della voce a sopportare le tensioni che un falsettista deve evitare – ma forse lui o l’epoca non lo sapeva: in sostanza si è rotto la voce, danneggiando le corde vocali.
Allora da questo viene anche ben da pensare che nell’opera del periodo Barocco hanno cantato anche altri falsettisti che si spacciavano per castrati, e proprio per un motivo economico. Sono da scoprire i nomi, tuttavia quelli che possono risultare sospetti sono quelli che si sono sposati, e quelli che hanno avuto figli, adducendo che l’operazione era stata fatta male, o che avevano un terzo testicolo... la ricerca non è finita, anzi invito tutti a ricercare nelle fonti storiche.

11 - Consultando gli Handel Handbuch, ho verificato un dato: confrontando la presenza di voci falsettistiche negli oratori e serenate inglesi per certi ruoli, e gli stessi a volte ricoperti da castrato, posso dedurre che per Handel quella parte si poteva interpretare con entrambe le tipologie vocali; quindi c'erano falsettisti che riuscivano a sostenere parti scritte anche per castrati. Questo già lo avevo notato, ma poi mi sono chiesto come mai non affidare esclusivamente queste parti ai castrati? riflettendoci sopra, e collegando mentalmente altre letture che nel corso di questi anni ho affrontato, sono giunto alla considerazione che la motivazione sta nella stessa ragione per cui non ha affidato (non dico sempre perchè c'è il caso di William Savage) i ruoli di primo uomo ai falsettisti nelle opere: la lingua.
Handel era legato al testo che andava a musicare: si pensi agli aneddoti che ci sono stati tramandati per esempio per la composizione di ALEXANDER BALUS, dove troviamo un Handel che, mentre era impegnato nella composizione, anche a notte fonda, o ad ore in cui la gente normale dormiva, si vestiva e con la carrozza si faceva accompagnare a casa del librettista, bussava alla sua porta a qualunque ora per chiedere il significato di certe parole del testo, per meglio comprenderne la portata ed elaborarne una musica adeguata. A questi episodi, ci sono giunte ulteriori testimonianze di come i cantanti italiani (specie i castrati) non erano preparati a cantare in inglese, nel senso che la loro pronuncia non era "adeguata" e finiva a far storcere il naso agli inglesi. Sapendo però la vanagloriosità generale dei castrati, volendo esser sempre loro sotto attenzione, è possibile che tentassero e volessero riprovare, ma che alla fine si preferiva un controtenore. 
Si pensi al caso di Guadagni che fu sostituito da un controtenore in una produzione oratoriale.
Credo sia stata una situazione speculare per i falsettisti nell'opera teatrale italiana: poichè lì i controtenori erano di nazionalità inglese, avevano problemi con l'italiano, e col testo che dovevano interpretare, poichè non lo potevano capire così a fondo come i cantanti star importati italiani (quindi non solo un problema di dizione nel canto, ma di appropriarsi del significato del testo che cantavano, del libretto e della trama nella singola parola mattone della vicenda che si rappresentava).
Fortunatamente questa ghettizzazione del falsetto non è più relegata solo all'Inghilterra, ed anche qui in Italia, come d'altro canto in altre parti d'Europa e dell'America, ci sono falsettisti che si impegnano nella pronuncia e nella comprensione del testo, ovviando al problema settecentesco.....In fondo oggi, vista la mancanza degli evirati cantori, è una necessità a cui ha sopperito la categoria falsettistica.
Alcuni nomi, individuati nei giornali coevi appartenenti alla categoria falsettistica sono:

John Brown, alt;
John Beard, alt;
Thomas Barrow, controtenore:
Johnn Randall, soprano.

12 - La morale dei Castrati in eredità ai falsettisti

Sebbene sia necessario distinguere fra l’area teatrale e quella sacra, dalla storia possiamo desumere che in entrambi i casi la voce dei castrati, per un loro quid che li caratterizzava come categoria vocale, assunsero posti di rilievo in entrambe i campi, anche se il Teatro era il luogo più esposto alle lodi del grosso pubblico, visto che era il perno trainante di tutta la musica del Sei/Settecento.
Una delle contraddizioni che permase nei secoli dell’Ancient Régime è la completa dualità fra i costumi per lo più facili - non bisogna trascurare che il termine libertino si definisce e si sviluppa proprio in questo periodo - e l’ideale moralistico – espresso nei temi dell’eroe, esempio imperituro dei miti classici, o degli eroi storici che realizzarono grandi gesta e che erano i depositari di elevati valori morali e spirituali, degni di esser imitati dagli uomini. I temi trattati spesso si rifanno ai romani, che con le loro storie, potevano evidenziare gli aspetti virtuosi ed educativi, sia per il popolo/pubblico sia per il Re/sovrano. L’opera era quindi oltre che un mezzo per divertirsi, anche uno strumento educativo: le figure dei Sovrani, descritte nelle opere, dovevano essere il modello per i regnanti che governavano l’Europa: il Re è il primo suddito, e deve sacrificarsi, anche reprimendo i suoi desideri o sentimenti, (per esempio in ATTILIO REGOLO e in CATONE di Metastasio) per occuparsi del bene del suo popolo: il Teatro diviene un luogo esemplificativo per il Re, che viene quindi istruito nei suoi doveri, giacchè il melodramma dava una indicazione per arrivare ad una certa qualità di governo più comprensivo delle esigenze del popolo, facendo trionfare una razionalizzazione del potere: quindi il pubblico in sostanza andava a seguire dei modelli in scena da seguire concretamente nella vita reale, cosa che tuttavia non accadeva sistematicamente.
In questo contesto teatrale l’intento moralistico/educativo era incentrato nella voce dell’evirato cantore che rappresentava una voce senza età, sempre attuale, “fresca” che non invecchiava col passare del tempo esattamente come la morale che si portava in scena, o come i vizi che, sempre presenti fin dall’inizio dell’umanità, quindi a-temporali, dovevano esser combattuti e vinti (ecco anche il sempre lieto fine nelle opere teatrali). La voce di falsetto analogamente, proprio per la sua “non quotidianità” riesce oggi a rappresentare un archetipo a-temporale, supplendo alla funzione che era propria al tempo dei Castrati: difficilmente si dà una età ascoltando un falsetto, essendo la voce lontana dal quotidiano, da voci in sostanza che ogni giorno ascoltiamo anche durante la routine della vita e fuori del contesto musicale: ecco quindi per esempio che un Giulio Cesare rappresentato con voce baritonale, o bassa si assegnerebbe una “età” al personaggio che trova il suo tempo e la sua collocazione “mortale”, che “finisce”, e lo stesso si può dire a voci quali quelle femminili sopranili e contraltili che sono di tutti i giorni, nella norma, e quindi in linea generale non in grado di soddisfare quella esigenza di “immortalità” di valori: una voce alta maschile ed aliena agli standard “naturali” invece acquista quel rivestimento dell’a-temporalità, capace di esprimere un modello sempre giovane, anche col passare degli anni o dei secoli: sempre vivo e fresco: una giovinezza intrinseca, che concretizza oggi l’esempio che si voleva dare nel Barocco.
Esponendo il concetto con altre parole, sebbene se si può supporre in linea generale che la voce del castrato non sia uguale a quella del falsetto, si può affermare che la “non naturalità” del falsetto, proprio per le caratteristiche accomunanti della categoria, possa fungere nei nostri giorni ad una funzione analoga a quella dei musici cantori, nel far rivivere i personaggi edificanti delle gesta eroiche, da prendere a modello sempre, proprio perché quella voce non ha età, non ha tempo, ed è sempre attuale, poiché il tempo non la tocca e non corrompe il modello moralistico….Si potrebbe dire che agli eroi delle gesta dell’età classica si dà una patina di divinità, cosa che non sarebbe possibile con una voce naturale maschili e femminili, giacchè alle voci “naturali” si dà sempre una età ed una caducità alle stesse. Il carattere - anche se vogliamo ermafrodita - della voce di falsetto, non ugualmente, ma allo stesso modo di quella degli evirati, rafforza l’impressione di una giovinezza eterna, che caratterizza semidei senza età: modelli, archetipi da seguire, non una rappresentazione di persone vere, proprie della realtà e di una contestualizzazione precisa storica: e questa peculiarità vocale finisce per amplificare le passioni amorose, la magnanimità, la gioventù, le virtù, ma anche volendo i vizi per i personaggi negativi dell’opera.
Quanto all’ambito sacro, la voce del falsettista può supplire alla mancanza di quella dei musici cantori proprio nella ricerca del “sacro”, quindi del “non terreno”, e di conseguenza del “non naturale” esattamente come si idealizzano le voci divine, angeliche immaginate senza tempo e distanti dal quotidiano: non dimentichiamo che “il musico tende ad essere omologato al cantore canonico – l’immagine più vicina all’Angelo” (Gino Stefani in Musica Barocca 2: Angeli e Sirene (1988)) ed ancora “così come gli angeli in cielo”, così i musici in terra ed oggi i falsettisti.

 

 

 

Falsettisti & Sopranisti emergenti

THE (UN)OFFICIAL COUNTERTENOR HOMEPAGE

The Male Soprano Page

 

 

 

 

 

A cura di  Arsace

   

www.haendel.it

 
 

Ultimo aggiornamento: 21-10-21