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Louis de Rouvroy, Duca de Saint - Simon nei suoi Mémoires ci racconta delle circostanze della morte della favorita, già al tempo caduta in disgrazia, vista l'ascesa di Madame de Maintenon

"Un'altra morte di cui si parlò moltissimo, benché si trattasse di una persona che si era allontanata da tutto da molto tempo, e che non aveva conservato nessun resto di quella capacità di dominio che aveva esercitato per molto tempo, fu la morte di Madame de Montespan, giunta improvvisamente mentre si trovava alle acque di Bourbon, a 66 anni, venerdì 27 maggio 1707, alle 3 del mattino.

Dopo una predica al vetriolo contro la dissolutezza, Madame de Montespan non ottiene la assoluzione dal prelato... ed entra in crisi... teme di perdere il favore del Re, che oramai la vede dipinta come una gran peccatrice. Madame de Maintenon cerca di consolarla, dicendole che Athenais in fondo è sempre la madre dei figli del Re Sole

Non tornerò indietro nel tempo per parlare di quello del suo regno.

Racconterò solo, poiché è un aneddoto poco conosciuto, quale fu la colpa di suo marito più che la sua. Ella lo avvertì dell'amore che il Re aveva per lei, lo mise al corrente che ella non aveva più alcun dubbio, lo assicurò che una festa che il Re stava per dare era per lei, insistette, lo scongiurò con tutte le sue forze, perché la mandasse nelle sue terre di Guyenne e di lasciarvela fino a quando il Re non l'avesse dimenticata e si fosse interessato ad altre; nulla convinse Montespan, che non tardò a pentirsene e, che, per suo tormento, visse e morì innamorato di lei, senza tuttavia volerla mai più rivedere dopo il primo scandalo. Non parlerò neppure dei diversi ostacoli che la paura del diavolo mise a più riprese alla sua separazione dalla corte, perché dovrei parlare di Madame de Maintenon, che fu la causa di tutto, che prese poco a poco il suo posto, che salì sempre più in alto, che le insinuò per molto tempo i più crudeli dubbi, e, infine, la allontanò da corte...

Trascinò il suo ozio e le sue inquietudini Bourbon, Fontevrault, nelle terre di d'Antin e furono anni in cui non poteva darsi pace. Alla fine si interessò a Dio. Nel peccato non l'aveva mai dimenticato: spesso Madame de Montespan (qui a lato) lasciava il Re per andare a pregare in qualche gabinetto; nulla poteva farle interrompere il digiuno, né un giorno di magro; rispettò tutte le quaresime, e fu austera nei digiuni, per tutto il periodo del suo vivere disordinato; fece elemosine, vanto della gente da bene; mai nulla che sfiorasse il dubbio o l'eresia; ma imperiosa, altera, dominatrice, ironica e tutto ciò che la bellezza e il potere che ella ne derivava portava con sé.

Decisa infine di mettere a profitto un tempo che le era stato dato suo malgrado, cercò un saggio illuminato e si mise nelle mani di Padre de la Tour quel generale dell'Oratorio, così noto per i suoi sermoni, per i suoi consigli, per i suoi amici, per la cautela e la capacità nell'indirizzare. Da quel momento fino alla morte, la sua conversione non si smentì mai e la sua penitenza aumentò sempre. Dapprima dovette rinunciare all'attaccamento segreto che le era rimasto per la corte, e alle speranze che, per quanto utopistiche fossero, l'avevano sempre lusingata. Era convinta che solo la paura del diavolo aveva spinto il Re ad abbandonarla; che quella stessa paura, di cui Madame de Maintenon si era abilmente servita per farla mandare via, l'aveva posta al colmo della grandezza alla quale era giunta; che la sua età e la sua cattiva salute, che lei s'immaginava, potevano da questa liberarla; che allora, trovandosi vedova, nulla si opponeva al riaccendersi di quel fuoco mai completamente spento, la cui tenerezza e il desiderio di grandezza per i figli comuni potevano facilmente contribuire a ravvivarne le scintille, e che, non essendoci più scrupoli da combattere, poteva farla subentrare a tutti i diritti della sua nemica. I suoi stessi figli se ne illudevano e le rendevano grandi e ben assidui omaggi. Ella li amava appassionatamente, eccetto il duca di Maine, che stette molto tempo senza andare a trovarla e in seguito lo fece solo per convenienza. Era poco dire che avesse stima degli altri tre: dava loro autorità senza ritegno e senza sosta, sia per affetto, sia per conservare il loro attaccamento sia per mantenere questo legame con il Re, che non aveva con lei nessun tipo di rapporto, neanche per via dei figli. 

Satira contro Luigi XIV° e madame de Montespan

Le loro assiduità si interruppero di colpo: non andavano più a trovarla, e solo dopo essere stati chiamati. Ella divenne la madre di d'Antin (suo figlio legittimo), di cui fino ad allora non era stata che la matrigna e si diede da fare per arricchirlo. Il Padre de la Tour le chiese un atto di penitenza terribile: domandar perdono a suo marito e rimettersi nelle sue mani. Scrisse lei stessa, usando le parole più sottomesse, offrendogli di ritornare da lui, se si degnava di riceverla, o di recarsi in qualche luogo che lui volesse ordinarle. Chi avesse conosciuto Madame de Montespan riterrebbe questo atto il più eroico dei sacrifici. Ella ne ebbe il merito senza subirne le conseguenze:

Montespan le fece dire che non voleva né riceverla, né aveva nulla da ordinarle, né voleva sentire parlare di lei per il resto della sua vita. Alla sua morte, ella portò il lutto come una vedova normale, ma è vero che, né prima né dopo, non riprese mai le livree e il titolo della casa, che aveva abbandonato e portò sempre le sue. A poco a poco diede quasi tutto quello che aveva ai poveri. Lavorava per molte loro ore al giorno, lavori umili e rozzi, come camicie e altre cose utili, e vi faceva lavorare quelli che la circondavano. La sua tavola, che aveva amato eccessivamente, divenne molto frugale e i suoi digiuni si moltiplicarono; la preghiera interrompeva la compagnia e i più ingenui giochi che la divertivano, e, ad ogni ora del giorno, abbandonava tutto per andare a pregare nel suo gabinetto. Si mortificava continuamente: le sue camicie e le lenzuola erano di tela gialla, la più dura e grezza, ma nascoste sotto lenzuola e camicie normali; portava in continuazione braccialetti, giarrettiere e cinture con punte di ferro, che le procuravano sovente delle piaghe, e la lingua, una volta così temuta, aveva anch'essa la sua penitenza. 

Per di più, era così ossessionata dalla morte, che pagava molte donne unicamente per vegliarla: si coricava con le tende aperte, con molte bugie accese nella camera, le donne che vegliavano attorno a lei, che tutte le volte che si svegliava voleva trovare prese a chiacchierare, giocare o mangiare, per essere certa che non si assopissero. Con tutto questo, non riuscì mai a liberarsi dalle abitudini regali che aveva usurpato quando era favorita, e che la seguirono nel suo ritiro. Erano tutti talmente abituati allora che la consuetudine non destò alcun brusio. La sua poltrona aveva lo schienale vicino ai piedi del letto; non occorreva cercarne altre nella camera, neppure per i suoi figli naturali, e per la duchessa di Orléans in più degli altri. Monsieur e Mademoiselle le erano sémpre molto affezionati, e andavano da lei abbastanza spesso: a loro venivano portate delle poltrone, e alla Princesse; ma ella non si sognava di scomodarsi dalla sua, né di accompagnarli. Madame non ci andava quasi mai, e trovava questo molto strano. Da ciò si può dedurre come ella ricevesse la gente: c'erano delle piccole sedie con lo schienale, piene di gobbe da tutte le parti, dopo la sua poltrona, una in faccia all'altra, per chi veniva e per chi stava da lei, nipoti, povere fanciulle, ragazze e donne, che manteneva e che facevano gli onori. Tutta la Francia vi andava: non so per quale strana idea ci si sentiva in dovere di andarvi di tanto in tanto. Le dame di corte facevano visita alle figlie, gli uomini vi andavano poco se non per ragione o occasioni particolari. Parlava a tutti come una Regina che tiene la sua corte e onora a rivolgere la parola. Chi entrava da lei, chiunque fosse, aveva sempre un aria molto rispettosa ed ella non faceva mai visite, neppure a Monsieur, né a Madame, né a Mademoiselle, né a palazzo Condé. Inviava messaggi all'occasione, a quelli che voleva favorire, ma non a tutti quelli che andavano a trovarla. Una sensazione di grandezza la circondava. Bella come il giorno fino all'ultimo istante della sua vita, senza essere malata credeva sempre di esserlo e di stare per morire. Queste paure la seguivano nella sua voglia di viaggiare e, nei suoi viaggi, portava sempre con sé sette od Otto persone per compagnia. Fu sempre della miglior compagnia, con una gentilezza che faceva dimenticare la sua alterigia e che era solo sua.

Non era possibile avere più spirito, raffinata cortesia, un modo di esprimersi particolare, una eloquenza, una precisione connaturata che la dotavano di un lin­guaggio personale, delizioso, di cui ella si serviva così bene abitualmente, che le nipoti e quelli che le erano assidui, le cameriere, quelle che aveva solo allevato presso di lei, lo assimilarono tutte e, se lo si sente, lo si riconosce ancora oggi nelle persone che sono rimaste: è il linguaggio naturale della sua famiglia, di suo fratello e della sua sorella. La sua occupazione, o forse il suo capriccio, era quello di sposare le persone, soprattutto le giovani fanciulle, ma siccome aveva poco da donare dopo tutte le sue elemosine, metteva spesso insieme la fame con la sete. Mai, dopo il suo ritiro da corte, si abbassò a domandare qualcosa per lei o per altri: ministri, intendenti, giudici non udirono mai parlare di lei. L'ultima volta che andò a Bourbon, e senza che ve ne fosse bisogno, come faceva spesso, diede due anni anticipati di lasciti di carità che erano numerosissimi, quasi tutti a nobili decaduti, e raddoppiò tutte le elemosine. Benché in piena salute, e ammettendolo, ella diceva che non sarebbe ritornata da quel viaggio, e che tutta quella povera gente, con quelle scorte, avrebbero avuto il tempo di cercare il loro sostentamento altrove. Effet­tivamente, aveva sempre l'idea fissa della morte, ne parlava come cosa prossima anche quando era in ottima salute e, nonostante tutte le sue paure, non aveva medici né chirurghi. Questo comportamento concilia il pensiero della sua fine con le remote speranze di poter succedere a Madame de Maintenon, quando il Re, dopo la sua morte, fosse tornato libero. I suoi figli vi speravano, tranne il duca di Maine, che non ci avrebbe guadagnato...

Madame de Saint-Simon e Madame de Lauzun si trovavano a Bourbon quando Madame de Montespan vi giunse. Ho detto altrove che era la cugina acquisita di primo grado di mia madre, nipote del fratello e della sorella; che Madame de Montespan la nominò dama di palazzo della Regina quando si scelsero le prime, che mio padre rifiutò, e che Madame de Montespan vedeva sempre, mia madre, ad ogni ora, e si è sempre incapponita di farla emergere. Mia madre andava a trovarla ogni tanto a Saint-Joseph, come Madame de Saint­Simon: così a Bourbon le dimostrava ogni sorta di affettuosità, non oserei dire di riguardo, con quell'aria di superiorità che le era rimasta. La marescialla di Coeuvres era talmente rosa dalla gelosia , da dimostrarlo e da confessarlo, e ciò divertiva molto. Racconto queste inezie per dimostrare come l'idea di rimpiazzare Madame de Maintenon, (qui a lato) per illusoria che fosse, era entrata nella testa dei cortigiani più intimi, e quale era la loro idea del Re e della corte. Tra queste sciocchezze e benché Madame de Montespan si trovasse in ottima salute, una notte stette cosi male di colpo, che le donne che la vegliavano andarono a chiamare chi si trovava da lei. La marescialla di Coeuvres accorse per prima e, trovandola quasi soffocata e non più molto in sé, le diede immediatamente dell'emetico sotto la sua responsabilità, ma in dose così eccessiva che il risultato la spaventò a tal punto che si decise di smettere: il che forse le costò la vita.

Approfittò di un momento di pace per confessarsi e ricevere i sacramenti; prima fece entrare tutti i suoi domestici, fino al più umile, confessò pubblicamente i peccati, chiedendo perdono per lo scandalo che aveva dato per lungo tempo, per il suo temperamento, con tanta saggezza e una umiltà così profonda, così pentita, che non vi può essere nulla di più edificante. Ella ricevette in seguito l'estrema unzione con fede ardente. La paura della morte che, per tutta la vita, l'aveva tormentata si dissipò all'istante e non l'inquietò più. Ringraziò Dio, davanti a tutti, che le permetteva di morire in un luogo lontano dai figli del suo peccato, e ne parlò quella sola volta durante la malattia. Non si occupò d'altro che dell'eternità, di qualche speranza di guarigione con cui vollero illuderla, e della sua condizione di peccatrice, il cui timore era alleviato da una saggia fiducia nella misericordia di Dio, senza rimpianti, unicamente tesa a rendergli meglio accetto il suo sacrificio, mettendo dolcezza e pace in tutti i suoi gesti. D'Antin, al quale era stato mandato un corriere, arrivò quando era vicina alla fine: lo guardò e gli disse solamente che egli la vedeva in una condizione ben diversa dall'ultima volta che l'aveva veduta...

Appena fu spirata, poche ore dopo il suo arrivo, d'Antin ripartì per Parigi, dando degli ordini che furono strani o stranamente eseguiti. Il corpo, una volta così perfetto, divenne la preda dell'incapacità e dell'ignoranza del chirurgo della moglie di le Gendre, intendente di Montauban, che era venuta a fare la cura delle acque, e che mori poco dopo di lei. Le esequie furono affidate ai più umili valletti, in quanto tutto il resto della casa aveva subito disertato.  

La protetta di madame de Montespan

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