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    Lettere di 
    Metastasio a Farinelli - Madrid   
    
    Vienna, 28 Maggio 
    1749 
    Dunque son così preziosi i vostri caratteri, che non si può aspirare ad 
    ottenerli senza averli prima sospirati per alcune olimpiadi? Ah barbaro! ah 
    ingrato! ah tigre ircana! aspide sordo! gatto pardo! tarantola di Puglia! In 
    tanti e tanti mesi né pur venirvi in capo di farmi sapere se siete vivo! Io 
    credo che l'acqua del Manzanare sia l'onda di Lete, e che voi vi sguazziate 
    dentro come una trota. Credo che vi siate affatto dimenticato il mio nome, e 
    che, se alcuno lo proferisce voi presente, dimandate “Chi è chisso?”Feci correggere dal Migliavacca “l'Armida placata” e si mandò 
    sollecitamente: vi scrissi su questa e su gli affari miei: sarà costì pur 
    giunto il ritratto e avrà eseguite le tenere commissioni ch'io gli ho date 
    per voi: ma con tutti questi stimoli non date segno di vita. Orsù, alle 
    corte: o pensate a disarmare il mio poetico sdegno, o io vi trafiggerò con 
    una satira in lode da far tremar la barba al famoso Ercole di Farnese che 
    l'ha di pietra. Attento; ed incomincio.
 Una bella dama, i cui cenni per me son leggi, sa che siamo amici e vuol 
    ch'io vi scriva proponendovi per cotesto teatro una delle sirene di questo 
    da lei protetta. La ninfa raccomandata si chiama la signora Colomba Mattei: 
    ella è romana: dimostra all'aspetto 22 o 23 anni al più.
 Canta il soprano: ha voce chiara, intonata, senza difetti, agilissima; e va 
    comodamente per due ottave dall'uno all'altro bemì: ha buon gusto nel metodo 
    di portar la voce: la figura è proporzionata: ha molta abilità per recitare: 
    non è brutta: ha bellissimi occhi; ed ha gran voglia di farsi onore. Qui ha 
    contratta l'approvazione universale così nell'azione come nel canto, con 
    tutto che si trovi alle coste la nostra impareggiabile africana Tesi, il 
    capriccioso Caffariello, ed un tenore dell'Elettor di Colonia chiamato Raffi 
    che canta come un serafino.
 Io che sono il padre di tutti i cacadubbi la sento con gran piacere; e non 
    saprei che cosa desiderar di più in lei, se la sua statura, siccome è 
    proporzionata e gentile, fosse un poco più grande, e se la sua voce, siccome 
    è agile e bella, avesse un tantin più di corpo. Ella ha recitato tre anni in 
    Palermo da prima donna, a Napoli da seconda con l'Astroa, da prima alla 
    Corte di Bayreuth dove è in servizio, e ora da seconda con la Tesi; ma non 
    vuol più cantar da seconda se non che con alcune poche già celebri del 
    mestiere, perché sa che le altre che corrono non vagliono più di lei.
 Questi cavalieri impresari l'hanno già richiesta di fermarsi qui per l'anno 
    venturo; ma ella gli tiene in sospeso perehé si ricorda che sino da quando 
    era in Napoli le fu parlato di Madrid non so da qual maestro di cappella, e 
    mi pare che sia più parziale delle doppie di Spagna che degli ungheri di 
    Germania. Io non ho impegno che la prendiate, ma l'ho grandissimo di far 
    vedere alla dama ch'io l'ho esattamente ubbidita; onde, se non la volete, 
    rispondetemi almeno una lettera ch'io possa mostrare; se poi la voleste, per 
    abbreviare il trattato in una distanza così enorme di paesi, potreste in una 
    cartolina inclusa nella vostra lettera comunicare a me la vostra intenzione 
    in quanto all'onorario e alle condizioni; ed io mi regolerò con quella, 
    cercando il vostro certamente più che il vantaggio d'alcun altro. Vi 
    assicuro ch'io faccio un gran sacrificio ad entrare in questo commercio 
    teatrale: ma, se voi vedeste da che belle labbra esce il comando ch'io 
    eseguisco, approvereste la mia condiscendenza. Ma non parliamo più di 
    sirene.
 Che vuol dir mai il vostro profondo silenzio sul mio lagrimevole affare 
    della perduta percettoria? Vi siete forse perduto d'animo alle prime 
    repulse? Un poco di vento contrario vi avrebbe mai fatto fuggire in porto? 
    No, caro gemello: questa poca costanza non starebbe bene a voi. Col vento in 
    poppa non si ricorrerebbe a Farinello: le difficoltà dell'impresa la rendono 
    degna di lui: se le porte non si aprono a' primi, s'apriran forse a' secondi 
    colpi; e bene spesso chi ha resistito ad uno non resiste a due assalti. 
    Ricordatevi che combattete per il vostro gemello, per una giustizia 
    incontrastabile; e se si vuol che sia grazia, non farebbe certamente 
    disonore in tutta Europa né alla mano che la concedesse né a quella che 
    l'avesse procurata.
 Avrete forse curiosità di sapere come abbia incontrato Caffariello: eccovene 
    la vera istoria. Le meraviglie che ne avean detto i suoi fautori facevano 
    aspettar cose sopraumane: ma la prima sera dispiacque positivamente a tutti, 
    e fu chiarissima la disapprovazione universale.
 Dice egli che, sopraffatto dalla presenza delle MM. LL. imperiali, si 
    scompose e non poté più rimettersi. Credetene quello che vi pare. È vero per 
    altro che nelle recite susseguenti è andato riacquistando il suo credito a 
    segno che v'è una porzione di nobiltà e di popolo che presentemente lo 
    esalta sino al firmamento e sino a far comparazioni eretiche. V'è per altro 
    tuttavia una considerabile moltitudine di seccatori che trovano la sua voce 
    molta ma falsa stridula e disubbidiente, a segno che non sforzandola non 
    attacca e sforzandola riesce per lo più aspra. Dicono ch'egli non ha 
    giudizio nel cantare, perché prende spesso impegni che non può eseguire e 
    rimane a mezza strada: dicono che ha cattivo gusto ed antico, e pretendono 
    di riconoscere in lui le rancide girelle di Nicolino e di Matteuccio. 
    Gridano che non s'è mai rappresentato così male come egli rappresenta, che 
    ne' recitativi pare una monaca vecchia, che in tutto quello ch'egli canta 
    regna sempre un tono lagrimevole di lamentazioni da far venire l'accidia 
    all'allegria.
 Confessano che tal volta ei può dilettare all'eccesso; ma riflettono che 
    questo caso è molto incerto, come dipendente da' capricci della sua voce e 
    della sua testa, onde non paga il molto che fa soffrire. Avvertite ch'io 
    riferisco e non decido; anzi protesto che ho per questo virtuoso tutta la 
    stima ch'ei merita. La disgrazia della prima sera, questa divisione di voti, 
    e la poca sicurezza ch'egli ha d'aver conseguito quello dell'augustissima 
    nostra padrona, principessa, come sapete, molto illuminata nella musica, 
    l'hanno eccessivamente umiliato, di modo che non lo riconoscereste alla sua 
    presente modestia e rassegnazione. Se potrà continuar così, spero che 
    acquisterà molti de' voti che gli mancano.
 La nostra contessa d'Althann, che in questa occasione si è molto ricordata 
    di voi, vi manda mille saluti. Ed io sospendendo la mia collera v'abbraccio 
    con tutta la solita benché mal corrisposta tenerezza, e sono il vostro 
    fedelissimo gemello.
 
 P.S. La Mattei è impegnata in questo teatro per tutto il venturo carnevale.
 
      
      
    
               
      Lettere di 
      Metastasio ad Anna Pignatelli di Belmonte - Napoli   
    Vienna, 10 Maggio 
    1749 Poche cose 
      possono avvenirmi che più giustamente lusinghino la mia vanità e 
      soddisfino la mia impazienza che il vedermi fra le mani un veneratissimo 
      foglio di Vostra Eccellenza, ripieno di nuovi argomenti della 
      continuazione di quella generosa sua parzialità a mio riguardo, che è 
      stata sempre e fondamento ed oggetto della mia ambizione e de’ voti miei. 
      Né si contenta Vostra Eccellenza di assicurarne me solo: il signor Angelo 
      Monticelli, confuso dall’eccesso di benignità con la quale è stato ammesso 
      a presentar la mia lettera all’Eccellenza Vostra, esagera nella sua che mi 
      scrive e le grazie da lui ricevute, e l’onorato luogo ch’ella mi concede 
      ancora nella sua memoria dopo tanti anni e di lontananza e di silenzio. La 
      mia invidiabil sorte è maggiore d’ogni espressione e d’ogni rendimento di 
      grazie: onde non mi resta altro partito da prendere che supplicarla a non 
      istancarsi, per decoro almeno del suo giudizio.Ho veduti nella degnissima nostra signora contessa d’Althann così alla 
      lettura del sospirato foglio di Vostra Eccellenza come alla esposizione di 
      quanto ella si è degnata commettermi tutti quei segni indubitati della 
      tenera stima che questa incomparabil dama ha sempre conservata per 
      l’Eccellenza Vostra e di cui in mille e mille occasioni sono stato 
      testimonio. S’io volessi ora scrivere quanto ella vorrebbe che le 
      scrivessi non finirei così presto.
 E’ verissimo che nella scorsa estate, trovandomi meno tormentato di 
      stomaco e di testa da quegl’incomodissimi stiramenti di nervi che da 
      cinque in sei anni in qua mi perseguitano, terminai il mio Attilio Regolo: 
      ma io non ne son padrone. Il principe elettorale di Sassonia ha desiderato 
      leggerlo, e l’augustissima principessa mi ha permesso di comunicarlo a 
      lui. Fin’ ora la mia facoltà non si stende più oltre. La Poetica d’Orazio 
      è parimenti terminata: ma essendo una traduzione, ho qualche repugnanza a 
      pubblicarla. Qualunque di queste cose sia per veder la luce, verrà a 
      renderle omaggio con la dovuta sollecitudine.
 Caffariello mi riferì le grazie di Vostra Eccellenza ma è difficilissimo 
      il definire il suo incontro. La prima sera o per colpa dell’abito che 
      prevenne svantaggiosamente l’udienza, o delle sue fauci non ancora ogni 
      giorno ubbidienti, o per alcune volate ed acuti presi con troppa violenza 
      dispiacque a tutti. Egli asserì che si trovò avvilito dalla presenza de’ 
      sovrani che erano in una loggia vicina alle scene. Ma in seguito ha 
      ricuperato il suo credito con una considerabil parte della città, che 
      l’esalta sopra qualsiasi musico. E vi sono liti implacabili fra questi e 
      gli altri che sostengono il giudizio formatone la prima sera.
 Supplico l’Eccellenza Vostra di far presente al degnissimo signor principe 
      suo consorte il mio costantissimo rispetto ed a credermi col solito 
      riverente ossequio.
   
    
      
        
    
               
    Vienna, 18 Giugno 
    1749 Basta per me 
      che partano dalle venerate mani di Vostra Eccellenza perché risveglino 
      nell'animo mio le lettere cento non ordinari moti di vanagloria e di 
      compiacenza; ma l'ultima, ch'io ricevo in data del 27 del caduto, aggiunge 
      alla solita efficacia la sospirata novella della giustizia che si rende da 
      cotesto pubblico al merito non comune del nostro amabilissimo Monticelli. 
      Questa testimonianza tanto superiore a qualunque dubbiezza mi ha 
      validamente munito contro le notizie affatto opposte che questo 
      Caffariello asserisce aver ricevuto di Napoli. Mi sarei sempre lusingato, 
      che un poco di rivalità di professione, secondata dall'adulazione di 
      qualche amico, avesse potuto alterare il vero: ma da quella mendicata 
      tranquillità a questa che mi inspira il venerato foglio dell'Eccellenza 
      Vostra v'è la gran distanza che si trova fra una induzione ed un'evidenza.Lunedì dell'antecedente settimana tre ore innanzi il mezzodì abbiamo qui 
      goduta l'inaspettata visita d'un terremoto, animale quasi affatto 
      sconosciuto in queste regioni. Non fu certamente leggiero, poiché non v'è 
      presso che veruno che non l'abbia sentito, e se non ha cagionato danni 
      nella città ne ha prodotti ne' contorni, fra' quali il più degno 
      d'osservazione è l'improvvisa scaturigine d'un'acqua incognita, che ha 
      inondato considerabil tratto di terreno. Non è stato di consenso, perché 
      il moto non era ondeggiamento, ma impeto retto di sotto in su. E non è 
      stato solo, ma preceduto e seguito da altre scosse, assai per altro meno 
      violente.
 Crederà Vostra Eccellenza che noi siamo pieni di terrore: sì perché la 
      cosa per se stessa lo merita, ovunque succeda, essendo uno degli scherzi 
      meno piacevoli della natura; come perché, succeduta in paese non 
      assuefatto a somiglianti gentilezze, par che debba, regolarmente 
      ragionando, portar seco oltre il solito spavento tutti i sintomi d'una 
      terribile sorpresa.
 Crederà popolate le nostre chiese, deserti i nostri teatri, oziosi i 
      musici, affaccendati i predicatori, noi ravvolti fra la cenere ed i 
      cilici, e si rappresenterà in somma l'aspetto di Vienna somigliante a 
      quello di Ninive penitente.
 Or vegga Vostra Eccellenza quanto si può talvolta, ottimamente ragionando, 
      pessimamente concludere. Nulla è avvenuto di tutto questo. Mai non sono 
      stati più frequentati i teatri, mai più sereni questi abitanti, mai queste 
      assemblee più ridenti.
 Abbiam parlato a dir vero per un paio di giorni dell'accidente 
      inaspettato: ma nulla di più commossi di quello che si suol essere 
      all'arrivo d'un rinoceronte, d'un elefante o di qualche altro animal 
      pellegrino. Nell'atto ch'io scrivo non v'è più chi ne parli: ed il 
      passaggio di mademoiselle Tagliavini, celebre ballerina, che si è qui 
      mostrata ritornando d'Italia in Sassonia, ha subito usurpato ne' nostri 
      discorsi tutte le ragioni del terremoto.
 Argomenti l'Eccellenza Vostra da questo sincerissimo racconto quanto più 
      delle loro sian tranquille le nostre coscenze: e come qui la benigna 
      natura provveda senza lor fatica gli abitanti di quella superiorità alla 
      violenza delle passioni, che costì s'ammira come il più tardo e più sudato 
      frutto d'una lungamente esercitata filosofia. Né creda che un tale eroismo 
      rimanga fra i soli tedeschi: questo clima ospitale comunica i suoi 
      vantaggi anche agli stranieri.
 Ho osservato in questa occasione la fermezza medesima in tutti gl'italiani 
      che qui dimorano: tanto è vero che il timore è uno de' morbi attaccaticci 
      dell'animo, come lo sono fra quelli del corpo il vaiuolo, o le petecchie.
 Io conosco pur troppo quanto mal corrisponda il corto merito mio a quel 
      distinto grado di parzialità con cui l'Eccellenza Vostra parla e scrive di 
      me: e pure, a dispetto d'un poco di rimorso, io non arrossisco tanto della 
      mia usurpazione quanto mi compiaccio di questo indubitato argomento della 
      favorevole propensione dell'animo suo a mio vantaggio: che non può esser 
      mediocre, giungendo a sedurla a tal segno. Rendendo giustizia a se 
      medesima non può dubitar l'Eccellenza Vostra della riverente mia infinita 
      riconoscenza né di tutto quel trasporto che possono condonare alla vivezza 
      de’ miei sentimenti la venerazione ed il rispetto, con cui sarò sempre 
      come sono sempre stato fin'ora, di Vostra Eccellenza, cui supplico a voler 
      rammentare il profondo mio ossequio al degnissimo signor principe suo 
      consorte.
     
    
    
      
       
      
       
      Vienna, 5 Luglio 
      1749 All'umanissimo 
      foglio di Vostra Eccellenza del 10 di Giugno, ripieno al solito di nuove 
      confermazioni della parziale sua generosa propensione a mio vantaggio, non 
      aspetti ch'io risponda con un lungo rendimento di grazie. Io sono così 
      superbo del suo favore, che per economia di modestia convien che mi 
      trattenga parcamente su questa seduttrice compiacenza. A traverso di tutte 
      le più umili proteste si travederebbe troppo la mia vanità mascherata. 
      Spiegherò con minor rischio la situazione dell'animo mio ristringendomi ad 
      assicurarla ch'io conosco perfettamente il valore delle sue grazie: e che 
      non ignoro totalmente me stesso.In contraccambio delle novelle armoniche che si compiace l'Eccellenza 
      Vostra comunicarmi del nostro amabile Monticelli, io gliene renderò una 
      bellicosa di questo valoroso Caffariello, che con pubblica ammirazione ha 
      dimostrato pochi giorni sono non esser egli meno atto agli studi di Marte 
      che a quelli d'Apollo. Io non fui presente per mia sventura al fatto 
      d'arme: ma la relazione più concorde è la seguente.
 Il poeta di questo teatro è un milanese di molto onesti natali, giovane, 
      vivace, inconsiderato, tanto adorator del bel sesso quanto sprezzatore 
      della fortuna, e non men ricco d'abilità che povero di giudizio.
 A questo hanno gl'impresari confidata, oltre la cura di raffazzonare i 
      libretti, tutta la direzione teatrale. Non so se per rivalità d'ingegno o 
      di bellezza, fra questi ed il Caffariello si è fin dal primo giorno 
      osservata una certa ruggine, per la quale sono molte volte fra loro 
      trascorsi a motti pungenti ed equivoci mordaci. Ultimamente il Migliavacca 
      (che tale è il nome del poeta) fece intimare una prova della nuova opera 
      che si prepara. Tutti i membri operanti concorsero, a riserva di 
      Caffariello: o per effetto di natura contradittoria, o per l'avversione 
      innata ch'egli si sente per ogni specie d'ubbidienza. Su lo sciogliersi 
      dell'armonico congresso comparve, nulla di meno, in portamento sdegnoso e 
      disprezzante, ed ai saluti dell'ufficiosa assemblea rispose amaramente 
      dimandando a che servono queste prove?... Il direttor poeta disse in tuono 
      autorevole che non si dovea dar conto a lui di ciò che si facea: che si 
      contentasse che si soffrissero le sue mancanze: che poco conferiva 
      all'utile o al danno dell'opera la sua presenza o la sua assenza: che 
      facesse egli ciò che volea ma lasciasse almen fare agli altri ciò che 
      doveano. Irritato più che mai Caffariello dall'aria di superiorità del 
      Migliavacca, lo interruppe replicando gentilmente che chi avea ordinata 
      simil pruova era un solennissimo c... Or qui perde la tramontana la 
      prudenza del direttore; e lasciandosi trasportar ciecamente dal suo furor 
      poetico cominciò ad onorarlo di tutti quei gloriosi titoli de' quali è 
      stato premiato il merito di Caffariello in diverse regioni d'Europa: toccò 
      alla sfuggita ma con colori assai vivi alcune epoche più celebri della sua 
      vita; e non era per tacer così presto; ma l'eroe del suo panegirico troncò 
      il filo delle proprie lodi dicendo arditamente al panegirista seguimi, se 
      hai coraggio, dove non vi sia chi t'aiuti: ed incamminossi in volto 
      minaccioso verso la porta della camera. Rimase un momento perplesso lo 
      sfidato poeta: quindi sorridendo soggiunse, veramente un rival tuo pari mi 
      fa troppa vergogna: ma andiamo, che il castigare i matti è sempre opera 
      cristiana: e si mosse all'impresa. Caffariello, o che non avesse mai 
      credute così temerarie le Muse o che secondo le regole criminali pensasse 
      di dover punire il reo in loco patrati delicti, cambiò la prima 
      risoluzione di cercare altro campo di battaglia, e trincerato dietro la 
      metà dell'uscio fece balenar nudo il suo brando, e presentò le pugna al 
      nemico: non ricusò l'altro il cimento
 
 Ma fiero anch'egli il rilucente acciaro
 liberò dalla placida guaina.
 
 Tremarono i circostanti: invocò ciascuno il suo santo avvocato: e si 
      aspettava a momenti di veder fumar su i cembali e i violoni il sangue 
      poetico e canoro, quando madama Tesi, in casa della quale si trattavano 
      l'armi, sorgendo finalmente dal suo canapè, dove avea giaciuto fin'allora 
      tranquillissima spettatrice, s'incamminò lentamente verso i campioni. 
      Allora (o virtù sovrumana della bellezza!) allora quel furibondo 
      Caffariello in mezzo a' bollori dell'ira, sorpreso da una improvvisa 
      tenerezza, le corse supplichevole all'incontro, le gettò il ferro a' 
      piedi, le chiese perdono de' suoi trascorsi, le fe' generoso sacrificio 
      delle sue vendette, e suggellò le replicate proteste d'ubbidienza, di 
      rispetto e di sommissione con mille baci che impresse su quella mano 
      arbitra de' suoi furori. Diè segni di perdono la ninfa: rinfoderò il 
      poeta: ripreser fiato gli astanti, ed al lieto suono di strepitose risate 
      si sciolse la tumultuosa assemblea. Nel far la rassegna de' morti e de' 
      feriti non si è trovato che il povero copista con una contusione nella 
      clavicola d'un piede, contratta nel voler dividere i combattenti da un 
      calcio involontario del pegaseo di Migliavacca.
 Il dì seguente al fatto ne uscì la descrizione in un sonetto d'autore 
      incognito: ieri fui assicurato che v'è la risposta del poeta belligerante. 
      Spero d'aver l'una e l'altra prima di chiuder la lettera e farne parte a 
      Vostra Eccellenza.
 Oggi gl'istrioni tedeschi rappresenteranno nel loro teatro questo strano 
      accidente. Mi dicono che già a quest'ora ancor lontana dal mezzodì non si 
      trovano più palchetti per denaro. Io voglio aver luogo fra gli spettatori, 
      se dovessi farlo per arte magica. Confesso d'essere stato troppo diffuso; 
      ma in materia così sdrucciolevole, come trattenersi alla metà del cammino? 
      Compenserò la loquacità presente con la brevità futura.
 La mia traduzione della Poetica d'Orazio mi creda che non è atta a 
      divertire se non che noi altri pedanti. Una dama di buon gusto come Vostra 
      Eccellenza non vi troverà che moltissime spine e pochi fiori: nulla di 
      meno, se vuole assolutamente esercitar la sua pazienza, la farò 
      trascrivere e la manderò con la condizione ch'ella offerisce, che non sia 
      letta che in sua presenza, e che nessuno ne tragga copia.
 La degnissima nostra signora contessa d'Althann mi commette di dirle mille 
      tenerezze a suo nome: io la supplico in contraccambio di tener sempre 
      presente al signor principe suo consorte il mio riverente ossequio, ed a 
      credermi col solito invariabile rispetto di Vostra Eccellenza, cui 
      supplico di leggere se vuole a chi le pare questa lettera, ma di non farne 
      girar copie per evitar qualche seccaggine.
   
    
        
      
      
    
               
    Vienna, 15 Aprile 
    1750 Sapevo ben io 
      che in bocca del mio Ponticelli si sarebbe aumentata considerabilmente la 
      bellezza e la vanità della mia figliuola vagabonda: e da quello che deduco 
      dal veneratissimo foglio di Vostra Eccellenza del 17 dello scorso, ho gran 
      ragion di temere che l’eccessive carezze che costì le vengon fatte siano 
      più efficaci a guastare una ragazza modesta che a correggere una 
      scostumata. Basta: io non m’intendo molto della buona educazione delle 
      fanciulle; onde mi rimetto a chi ne ha date così illustri prove come 
      Vostra Eccellenza. Intanto io le confesserò così fra noi (a patto per 
      altro che non pubblichi il mio segreto) che io grido così contro le 
      parzialità che a colei si fanno più tosto per iscarico di coscienza che 
      per interno dispiacere che io ne serbi. Perché alla fin fine, o storpia, o 
      diritta, o bella, o brutta, o savia o matta ch’ella sia, non lascia per 
      questo d’esser mia figliuola: ed il sangue (come sogliam dire) non è 
      acqua.S’inganna moltissimo l’Eccellenza Vostra se crede che vi sia bisogno 
      d’impiegar molta retorica per invogliarmi al viaggio di Napoli: se 
      bastasse l’averne voglia, non avrebbe ella avuto il tempo di propormelo. 
      Per farlo saviamente conviene accordar molti pifferi: e mentre se ne 
      rassetta uno, se ne scompongono quattro. V’è una età nella quale è piacer 
      l’incomodo: ve n’è un’altra in cui si compra volentieri con l’incomodo 
      qualche piacere: e v’è finalmente quella in cui non si cura il piacere che 
      dee costare un incomodo. Vostra Eccellenza già grida: già mi tratta di 
      poltrone. Pazienza. Io non ho detto di volermi già contar nella terza 
      classe: ma convien che io confessi che mi sento molto disposto ad 
      incamminarmi a quella volta. Resisto tuttavia quanto posso, ma l’efficacia 
      del nostro meccanismo ha una diabolica forza. Gl’interessi miei mi 
      obbligherebbero a determinarmi, quando dovessi render grazie: ma per 
      sollecitare io non sono al caso: ho troppa cattiva opinione della mia 
      abilità a persuader certe cose ancorché ragionevoli e dimostrative. Con 
      tutto questo l’assicuro che penso moltissimo a questo viaggio: che spesso 
      me ne vado figurando le circostanze, e che me ne vaglio come d’uno 
      specifico sicuro contro gli accessi de’ miei flati ipocondriaci. Ma Vostra 
      Eccellenza è in collera, e non vuol menar buone le mie ragioni. Oh, la 
      placherò ben io con un potentissimo incanto, a cui mi rido ch’ella sappia 
      resistere. Eccole la musica del nostro Caffariello sopra la mia Partenza 
      di Nice. La vegga, la canti, la consideri, l’ammiri e poi sia sdegnata se 
      le dà l’animo. Egli ha conosciuto i difetti della mia musica, ha avuta 
      compassione delle parole, le ha rivestite di migliore stoffa, e le ha 
      presentate in abito più decente. Nel partir da questa Corte, io l’avrei 
      mandata prima, se prima di questa mattina me l’avesse data il nostro Perez 
      che ne avea copia: ed avrei ringraziato l’autore se non me ne avesse fatto 
      mistero. Se Vostra Eccellenza vuol conoscere il merito di questa musica 
      canti con essa più d’una strofa della mia canzone.
 Le mie riverenze umilissime al signor principe ed al 
      signor marchese, ed io sono intanto col solito rispetto
 
 
 *** La
      
        
      
      presente lettera era accompagnata dal 
      testo della Partenza metastasiana e dalla musica composta dal Caffarelli. 
      Interessante notare come la canzonetta allegata presenti alcune varianti 
      rispetto alla versione del 1746 (1749, secondo altri) affidata alle 
      stampe:
 
 Ecco quel fiero istante:
 Nice, mia Nice addio,
 come potrò, ben mio,
 viever lontan da te?
 
 Io vivrò sempre in pene,
 io non avrò mai bene,
 e tu chi sa, ben mio,
 ti sovverrai di me.
 
 Testo, peraltro, fortunatissimo, ma nella sua versione ‘tradizionale’, la 
      Partenza venne musicata, fra i tanti, anche da Farinelli, da Giacomo 
      Gotifredo Ferrari, da Beethoven (le sole prime due strofe), nonché dal 
      poeta stesso, come attestano due lettere che il Metastasio inviò 
      rispettivamente ad Anna Francesca Pignatelli di Belmonte (da Vienna, il 21 
      Febbraio 1750) e a Leopoldo Trapassi (sempre da Vienna, il 27 Aprile 
      1750). La prima strofa, nei due accompagnamenti musicali del Metastasio e 
      di Farinelli, è reperibile nel cd Farinelli et son temps. “Quel usignuolo”, 
      cantato da Aris Christofellis e diretto da Flavio Colusso (EMI Classics, 
      1994).
   
      
        
    
               
      Lettere di 
      Metastasio a Leopoldo Trapassi - Roma   
    Vienna, 18 Gennaio 
    1768 Vi rendo 
      grazie degli uffici passati con l’eminentissimo Piccolomini a mio e resimi 
      a nome di lui, ed aprrovo moltissimo il tempo da voi scelto per 
      incomodarvi vicendevolmente il meno che sia possibile. Questo contegno 
      interrotto da lunghe parentesi io credo che sia il più conveniente alle 
      vicende della vostra macchina ed alla folla degli affari di lui. Mi piace 
      anche che abbiate compiuti i nostri doveri col gentilissimo signor don 
      Gaetano Caffarelli, al quale (incontrandolo) vi prego di dir mille 
      tenerezze a nome mio, accompagnate dai complimenti della signora 
      contessina Figuerola e di tutta la notturna adunanza di casa Perlas. Sul 
      vostro io non ho altro da dirvi; soggiungerò unicamente che le lingue non 
      sono altr che istrumenti atti a trasportar nella mente degli altri le idee 
      concepite nella nostra: onde fra due espressioni sempre dee preferirsi 
      quella che meglio conseguisce il suo fine (purché non sia barbara o 
      pedestre) all’altra più elegante e pellegrina, ma meno retta e fedele. Con 
      questo ragionevolissimo principio io ho procurato in tutti gli scritti 
      miei di sfuggire l’oscurità e gli equivoci; ed a dispetto di questa 
      perpetua cura non mi è sempre perfettamente riusito: tanto è difficile il 
      trasporto delle immagini dalla nostra nell’altrui fantasia; difficoltà 
      dalla quale nasce e si alimenta la maggior parte delle disssensioni dei 
      letterati, che per lo più senza intendersi fra loro ostinatamente si 
      combattono. Addio. Questa risponde alla vostra del 2 del corrente, suppone 
      i soliti comunicabili abbracci e vi conferma ch’io sono.     
    
    
       
          L'epistolario 
      di Metastasio è stato edito in:
 Tutte le Opere di
      Pietro Metastasio
 
 in  
      
        5 volumi, a cura di Bruno Brunelli. Mondadori (1943-'54).
 La ripartizione delle opere all'interno dei volumi è, circa, la seguente:
 1- Drammi e opere per il teatro
 2- Drammi e opere per il teatro - poesie varie
 3 - 4 - 5- Lettere: 2608 + lettere senza data e lettere scritte per 
      incarico d'altri, per un totale di 2654 lettere.
  
      
           
       
        
      
      
      
        
      
         
         
          
          
    A cura di Arsace, in collaborazione 
    con  Hagen Borea |  |