 
         
        CANTORE
        E MAESTRO DELLA CAPPELLA PONTIFICIA
        ALLA
        FINE DEL XVII SECOLO
          
         
            
        Ultimo
        figlio del Capitano Salvatore e di Donna Divitia Poti,  Don Gregorio de
        Giudici nacque a Ceccano il 24 dicembre 1633 nel Palazzo di Famiglia,
        sito nella  Piazza principale della cittadina. 
        Il
        27 dicembre venne condotto nella Chiesa di San Giovanni Battista,
        contigua alla sua abitazione, dove l’Arciprete Fabrizio Pandolfi gli
        amministrò il Sacramento del Battesimo, di cui resta memoria
        nell’atto registrato al termine della cerimonia e conservato nel Liber
        Baptizatorum della Chiesa Arcipretale: 
          
              
        
        "Gio: Gregorio Prosporo Rocco nato di Cap.no Salvatore de
        Giudice e da D. Divitia sua moglie è stato battezzato da me Arcip.te e
        patrino è stato il Sig.r Francesco Ant.o Conti di Pofi e S. Portia
        Lucia nacque al 24 d.m." (1). 
          
        E’
        significativa la presenza come Padrino di un membro della Famiglia  Conti
        di Pofi, legata strettamente ai Colonna, a conferma dei legami
        sapientemente intessuti da Salvatore con i dignitari dello stato feudale
        dei Colonna, di stanza nella piccola capitale di Pofi. 
        L’ambiente
        familiare, la condizione di prestigio e le qualità umane dei suoi
        genitori garantirono a Gregorio ed ai fratelli una sicura ed adeguata
        educazione, che li fece vivere in un’atmosfera piena di premure,   e
        serena di affetti. 
        La
        Famiglia de Giudici, guidata dal senso di responsabilità e dal rigore
        del Capitano Salvatore ed illuminata dall’amore materno di Donna
        Divitia, costituì una realtà umana che si impresse durevolmente
        nell’animo di Gregorio. 
          
        Dopo
        la morte del  Capitano Salvatore, avvenuta quando Gregorio aveva cinque
        anni, fu Donna Divitia a curare l’educazione personale, umana e
        religiosa dei figli, vigilando sulla loro adolescenza e prima
        giovinezza. 
          
        Il
        17 gennaio 1657, Donna Divitia Poti, vedova de Giudici, gravemente
        malata, con suo testamento stabiliva come luogo di sepoltura la  Cappella
        di San Carlo Borromeo all’interno della Chiesa Arcipretale di San
        Giovanni, disponendo, per il suo funerale, l’Ufficio doppio e la Messa
        Cantata. 
        Dei
        figlioli, Federico era ormai un notaio di prestigio e ben avviato verso
        una carriera di successo, già sposato e padre di alcuni bambini. 
        Le
        preoccupazioni principali per questa donna di doti non comuni, che univa
        al grado sociale uno spirito profondamente religioso, erano tutte per il
        suo ultimogenito, da lei educato personalmente, che aveva reso meno
        tristi i lunghi anni della vedovanza. 
         Da
        lei, Gregorio aveva imparato a vivere rispettoso dei doveri verso se
        stesso e verso gli altri, con grande senso di riguardo e stima per
        tutti. Intelligente e volonteroso, con la sua spiccata personalità,
        egli rispondeva brillantemente alle premure materne ricevute. 
        L’ambiente
        semplice di un piccolo borgo come Ceccano, la protezione e l’immenso
        amore della madre, lo stimolo a vivere con coerenza gli insegnamenti
        della Chiesa e con l’assidua frequenza ai Sacramenti, favorirono la
        maturazione nel fanciullo di una sincera vocazione sacerdotale. 
        Proprio
        dal testamento della madre apprendiamo che, nel 1657, Don Gregorio era
        alla vigila del conseguimento dell’importante traguardo del
        sacerdozio. 
         Nell’atto,
        di cui conosciamo solo l’incipit, Donna Divitia lasciava al figliolo,
        affinché egli potesse accedere agli Ordini Sacri, la somma di scudi
        trecento, in stabili minuziosamente specificati: 
          
        "A’
        D. Gregorio suo figliolo leg.mo, et naturale, la terza parte d’una
        Casetta, che sta fuori della Terra di Ceccano nella c.ta dove si dice Le
        noci durante, vicino gli altri beni d’essa testatrice; 
        Lascia
        al d.o D. Gregorio suo figlio come sopra, acciò arriva agl’ordini
        sacri in tanti stabbili scudi trecento, e con li detti stabbili
        s’intendano specificati, e nominati primieram.te l’Alboreto d’essa
        Testatrice che stà posto nel Terr. Di Ceccano nella c.ta detta La
        Fontana Vecchia di cap.tà circa sei tommoli vicino li beni delli Sig.ri
        Angeletti, la strada pub. da tre lati, et altri fini; la Casa, dove
        abitava, e stava il q.m m.e Fabio Poti Padre d’essa d. Testatrice, con
        patto, che esso D. Gregorio sia tenuto, et obligato annuatim consegnare
        ad un Sacerdote da messa tom. mezzo di grano, quale sii obligato
        celebrare tante messe per l’Anima d’essa Testatrice, sino à tanto,
        che non arrivarà esso D. Gregorio alla Santa Messa, e doppo, ch’esso
        sarà arrivato à cantare la Messa" 
        (2). 
          
          
        Con
        il conferimento degli Ordini Sacri, il giovane si consacrò
        definitivamente ed irrevocabilmente al Signore, iniziando un fecondo
        apostolato a servizio dei suoi concittadini. Come manifestazione di
        stima e di rispetto per la sua opera, il Consiglio della Comunità di
        Ceccano, nella seduta dell’8 dicembre 1660, rilevando che Don Gregorio
        de Giudici era l’unico sacerdote ceccanese a non avere alcun beneficio
        ecclesiastico, lo elesse Cappellano della Chiesa della Madonna de Loco,
        di juspatronato della Comunità, in sostituzione prima di Don Cesare
        Britio e successivamente di Don Pertio Poti suo parente 
        (3).   
        Fra
        le prime preoccupazioni del giovane sacerdote vi fu anche quella di
        svolgere una attività educativa e pedagogica nella piccola scuola della
        Comunità in favore dei fanciulli, come ci conferma una deliberazione
        del Consiglio pubblico di Ceccano del 6 novembre 1662: 
          
        "Il
        Sig.r D. Gregorio Giudici ha intent.ne d’aprir scuola di grammatica et
        insegnarli alli scolari leggere e scrivere e grammatica col salario solo
        delli scudi dodici senza prete.dere salario dalli scolari, ma solo legna
        e norma" (4).
          
        E
        questa sincera e generosa aspirazione del giovane sacerdote venne
        apprezzata dal Consiglio Pubblico della Comunità di Ceccano, che
        all’unanimità, gli affidò ufficialmente la piccola scuola comunale,
        unica istituzione in grado di assicurare ai giovani poveri e bisognosi i
        primi indispensabili elementi del sapere. 
         Anche
        alcuni atti notarili conservati nell’Archivio Notarile di Ceccano,
        testimoniano la presenza di Don Gregorio nella cittadina natale, prima
        del suo trasferimento a Roma. 
        Il
        primo è l’atto rogato dal Notaio Silverio Ceccoli, datato 4 maggio
        1648, un contratto di vendita della Selva nella Contrada Celletta per
        Scudi romani 510, effettuato dall’Illustrissima Signora Divitia Poti,
        vedova del Capitano Salvatore de Giudici, presente anche il loro ultimo
        figlio, Gregorio. 
        Il
        giovane non era ancora entrato in seminario, poiché non viene citato
        come chierico. La vendita è fatta in favore dell’Eccellentissimo e
        Reverendissimo Mons. Egidio Colonna, Arcivescovo di Amasia,
        rappresentato dall’Illustrissimo Signore Giovanni Rosato Saltasbarre (5). 
          
           
        In
        un atto del Notaio Domenico d’Ambrosi di Ceccano, datato 5 febbraio
        1663, Don Gregorio concede in affitto novennale ad un suo confratello
        nel sacerdozio, Don Gregorio Liburdi alcuni beni di Casa Colonna: 
          
        "Costituito
        il Sig.r Sacerdote D. Gregorio Giudici da Ceccano pr.nte asserendo che
        da S.E. li nà stato dato in allocat.ne vita durante l’affitto del
        Castello come meglio appare all’ordine di S.E., quale affitto di
        Castello dico delle Casi che comincia col primo portone e segue dentro
        comprenti però l’horto e lavorativo di lo retrocede, e concede al
        Si.r D. Gregorio Liburdi p.nte per anni nove d’ancominciare hoggi, e
        finire come, per il quale affitto durante gl’anni nove esso Sig.r D.
        Gregorio Liburdi p.nte promette e s’obliga pagare al d.to Sig.r
        Giudici o a chi per lui un scudo l’anno a Santa Maria d’Agosto, et
        esso Sig.r D. Gregorio Giudici promette mantenere detto affitto per
        dett’anni nove di dette casi del Castello, e non rimuoverlo sotto
        qualsivoglia quesito ogni volta che detto Sig.r Liburdi pagarà come s.a
        detto scudo in detto tempo e così in solido s’obbligano loro
        stessi"    (6). 
        L’atto
        è rogato nella Chiesa di Sant’Angelo, alla presenza dei testimoni, il
        Signor Nicola Colone e Lionardo Paterno da Ceccano. 
          
              
        Il luogo ed i musicisti con i quali il giovane chierico completò
        la sua formazione artistica non sono noti, ma la condizione agiata della
        sua Famiglia ci induce a pensare che non furono risparmiati maestri e
        precettori di sicuro valore. 
              
        In ogni caso, fin dagli esordi della sua carriera musicale, Don
        Gregorio si trasferì a Roma con l’intento di perfezionare la
        preparazione e per tentare l’ingresso in qualche prestigiosa
        istituzione musicale della Città Eterna. 
           
        
          
            | 
                 
          
        1)
        Archivio della Ven. Collegiata di San Giovanni Battista in Ceccano, Liber
        Baptizatorum anni 1613-1646, c. 120r. 
          
        2)
        Archivio di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Atti del
        Notaio Federico de Judicibus, Faldone 77, c. 4r. 
          
        3)
        Archivio Comunale di Ceccano, Preunitario, Delibere del Consiglio anni ,
        vol. 10, f. 34 r et v e f. 117r. 
          
        4)
        Ibidem, ff. 70v e 71r. 
          
        5)
        Archivio di Stato di Frosinone, Archivio Notarile di Ceccano, Atti del
        Notaio Silverio Ceccoli di Frosinone, Faldone 71, Prot. 183, cc 40-43 rr
        et vv. 
          
        6)
        Ibidem, Atti del Notaio Domenico D’Ambrosi, Faldone 60, Prot. 160, c.
        164r. 
             | 
           
         
          
        La
        Triade Barocca (Haendel.it - handelforever.com e GFHbaroque.it)
        ringrazia infinitamente l'avv. Stefano Gizzi per la disponibilità e la
        concessione di condividere con tutti gli appassionati squarci
        dettagliatissimi del periodo barocco, che ruotarono attorno alla figura
        di Don Gregorio de Giudici 
          
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                A
                cura di 
                Il
                Principe del Cembalo - Rodelinda da Versailles 
                Arsace
                da Versailles - Faustina da Versailles 
                Arbace
                - Alessandro - Andrea - Carla 
                Stefano
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