La Benevolenza della Contessa

Quando la Contessa Du Barry sollecitava il Re, lei obbediva ai doveri dell’amicizia (in questo campo, la Contessa era molto fedele, come con il Duca d’Aiguillon, non meno fedele e che gli resterà fedele dopo la morte di Luigi XV) o agli slanci che gli dettava il suo cuore.

I ministri, i cortigiani le riconoscevano una grande umanità, diversamente che la Pompadour. Sono forse le sue origini miserabili ed i meandri di una vita solforosa fin dalla sua nascita, che le istillavano questa generosità attiva  che lei desiderava conservare discreta.

I declassati, i poveri, gli emarginati attiravano la sua attenzione. Il suo altruismo era sufficientemente conosciuto, per la qual cosa i sollecitatori si indirizzavano a lei, soprattutto per le cause disperate.

Un certo monsieur Mandeville, moschettiere, sostenne davanti a lei la causa di una giovane donna Apolline Grégeois, condannata ad essere impiccata dal parlamento di Parigi per infanticidio (1769). Lei aveva partorito un bambino nato morto, il cui padre era l curato della sua parrocchia e che sarebbe morto prima del suo rilascio.

Per rispettare la sua memoria, lei non aveva dichiarato di essere incinta alle autorità.

Ascoltando questa storia drammatica, Jeanne era sconvolta. Lei scrisse al ministro Maupeou:

Grazie alla sincerità di questo intervento, la condannata scampò all’impiccagione, e fu chiusa per tre anni in una casa di correzione.

La sensibilità della Contessa era opposta a quella dei ricchi aristocratici, indifferenti alla miseria popolare. La Contessa era ugualmente allontanata da quei nobili che avevano letto Rousseau, perché egli era di moda leggerlo, ma non lo comprendevano. Lei non idealizzava la vita dei più umili né rispecchiava i quotidiano di questi paesani che vivevano miseramente, come quelle case finte campestri dell’Hameau del Principe di Condé a Chantilly o, più tardi, quello di Maria Antonietta a Versailles.

Nell’universo che la Contessa Du Barry aveva creato, c’era un lusso affermato, inaudito e soprattutto consolidato. Nulla, ivi compreso nel suo quotidiano più triviale,  doveva ricordarle la vita di bastarda e di povertà che sostenne. Lei spendeva freneticamente denaro che non era il suo. Se il Re la ricopriva di regali, egli le versava pure somme astronomiche.

In 5 anni di “regno” a Versailles, la favorita avrebbe toccato più di 15 milioni di livree.

Nel luglio 1769, il suo amante le fece dono, a vita, del padiglione di Louveciennes, che apparteneva alla Corona.

Questo qui sormontava la famosa macchina di Marly, che, grazie a dei meccanismi ingegnosi, ma dal rumore infernale, alimentavano Versailles di acqua.

Zamor

Con Madame Du Barry, lusso e benevolenza sono due facce antagoniste di una personalità più complessa che non sembrasse.

Zamor, il giovane indiano che entrò a suo servizio all’età di sette anni, chiamato “il negro della Contessa” in ragione della sua pigmentazione molto scura, permise alla favorita di sottolineare quanto la sua pelle fosse bianca, lattea e luminosa.

Il servitore le portava ogni mattino al suo risveglio il suo caffè in un servizio d’argento splendente. Durante la passeggiata, egli la proteggeva dal sole con un largo parasole. Lei gli offriva un guardaroba raffinato straordinario e lo ornava di collane e dei ricci per le orecchie. Lei si preoccupava pure della sua educazione: infatti egli sapeva scrivere, leggere e lei lo fece battezzare. Lei si sentì veramente vicina la suo “negro” che lo esibiva come un lusso esotico e vivente.

Madame du Barry capisce il tradimento di Zamor

In questo secolo, dove le idee di libertà e di uguaglianza vinsero gli animi, Zamor scelse la parte della Rivoluzione e diventò uno dei peggiori nemici della Contessa.  

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