La Marchesa di Brinvilliers, vista la brutta parata in relazione ai ritrovamenti nelle perquisizioni del suo defunto amante Gaudin Saint-Croix (vedi qui), riuscì a fuggire in Inghilterra, ma gli inquirenti catturarono il domestico Jean Hamelin, che venne torturato fino a morire straziato sulla ruota. Quello che si estrapolò da questo interrogatorio sotto tortura fu veramente eclatante: non solo Gaudin era un alchimista ed avvelenatore, ma era il cervello di una rete fitta di assassini e fornitore di tutta Parigi di veleni molto sofisticati.  

Nel 1673 la Brinvilliers venne condannata a morte in contumacia, e la Francia chiese al Re Carlo II di Inghilterra, dove lei risiedeva, l’estradizione: per questo motivo, non sentendosi sicura, la Marchesa di Brinvilliers decise di fuggire nei paesi bassi, entrando nel convento di Liegi.

Nel 1676 però scoppiò la guerra fra Francia ed Olanda, e così un gruppo di soldati francesi lì la riconobbe e la riportò in Francia….fu l’inizio della sua fine…

Fu interrogata e ne vennero fuori di cotte e di crude: confessò di aver avuto rapporti incestuosi coi due fratelli che assassinò, che fece svariati tentativi per eliminare anche la sorella, e soprattutto, confermò che il suo amante, oramai defunto, Gaudin, era fornitore di veleno per una banda di assassini. 

Tra il 29 aprile 1676 e il 19 luglio 1676 la Marchesa venne  processata: furono ben 22 le udienze! 

Si rimanda anche qui per dettagli della sua tortura

Ebbe modo anche di ritrattare le accuse che fece sotto tortura verso alcuni personaggi specifici, ma mandò a dire al Re ed a Colbert che i delitti erano stati concepiti nel contesto di una vasta rete di complicità.

La sua agonia prima della morte fu segnata da una conversione a Dio grazie all’abate Pirot, teologo dell’Università della Sorbona, che trovò la Marchesa una persona squisita, con una naturale delicatezza, e che alla fine la descrisse come se fosse una santa. 

La marchesa de Brinvilliers, alias Marie-Madeleine d’Aubray, arrivò a dire: “Vorrei essere bruciata viva per rendere più meritorio il mio sacrificio”. 

Fu accontentata, anche se prima le spettava il taglio del capo, e poi l’arsura. Madame de Sèvigné seguiva molto da vicino la vicenda ed annotò, il giorno dopo l’esecuzione, come ci fossero dei popolani che rovistavano nelle ceneri, alla ricerca di ossa delle Marchesa, proprio perché si diceva fosse una santa.

Anche Charles Le Brun fu presente all’esecuzione e fece uno schizzo della condannata (qui sopra), che rappresenta un documento importantissimo per rappresentare il volto devastato della torturata, che, come si è accennato, alla fine fu condannata ad avere la testa mozzata e i suoi resti bruciati su Place de Grève.

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