L’Accademia dell’Arcadia  è una associazione letteraria fondata a Roma nel 1690 da Gian Vincenzo Gravina e da Giovanni Mario Crescimbeni.

In occasione dell’incontro di 14 letterati appartenenti al circolo letterario della Regina Cristina di Svezia. 

L’Accademia è considerata non solamente come una semplice scuola di pensiero, ma come un vero e proprio movimento letterario che si sviluppa e si diffonde in tutta Italia in risposta a quello che era considerato il cattivo gusto del Barocco.

Essa si richiama nella terminologia e nella simbologia alla tradizione dei pastori-poeti della mitica regione dell’Arcadia. 

Oltre al nome dell’Accademia, emblematico da questo punto di vista, anche la sede fu chiamata seguendo questa tendenza “Bosco Parrasio”. 

Pastori furono detti i membri ed ogni partecipante doveva assumere, come pseudonimo, un nome di ispirazione pastorale greca.

“I fondatori ebbero per principal scopo nel prendere i nomi e gli usi de’ greci pastori e persino il loro calendario, di romper guerra alle gonfiezze del secolo, e ritornare la poesia italiana per mezzo della pastorale alle pure e belle sue forme”.

Gian Vincenzo Gravina vedeva nell’Accademia il centro propulsore di un rinnovamento non solo letterario, ma anche culturale. Propose come modelli letterari Omero e Dante. 

Crescimbeni puntava a una più semplice reazione al disordine barocco ripristinando il buon gusto ed a raggiungere un certo classicismo con una poesia chiara, regolare di matrice petrarchesca.

Per entrare nell’Accademia, che era a numero chiuso, era necessario possedere tre requisiti fondamentali, ovvero: avere minimo 24 anni, una reputazione ed una storia personale rispettabile ed essere oggettivamente riconosciuto un esperto in qualche area del sapere.

C'è ben da ritenere che attualmente questi principi non siano per niente validi... purtroppo....

Al momento dell’ingresso, il neofita avrebbe ricevuto dall’assemblea un nuovo nome, con cui sarebbe stato conosciuto in Arcadia.

Nell’anno 1700, entrarono a far parte della Arcadia tre grandi nomi della musica: Arcangelo Corelli, Bernardo Pasquini ed Alessandro Scarlatti. Così dall’ambito letterario si estese anche a quello musicale il dibattito settecentesco tra l’avanguardia razionalista e l’ossequio alla tradizione. 

Le Cantate in genere svelano, sotto il testo perlopiù di carattere pastorale, un linguaggio musicale ricco e non esente da arditezze armoniche, specialmente in Alessandro Scarlatti.

Tuttavia la freschezza dell’invenzione melodica e la tendenza discreta al sapore belcantistico accomunano questi compositori dell’Arcadia in un ideale innovativo sempre teso al ripristino dell’antica “Semplicità” greca. Ideale senza dubbio utopistico, capace tuttavia di liberare il campo dalle eccessive ridondanze del primo barocco e di trasformare il linguaggio musicale nell’espressione tersa e splendidamente equilibrata della piena stagione barocca settecentesca.

 

 

A cura di

Il Principe del Cembalo - Faustina da Versailles

Arsace da Versailles - Rodelinda da Versailles

Arbace - Alessandro

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